STORIA DEL NON-ROMANZO
Come succede spesso (o sempre?) coi romanzi di Dag Solstad, scrittore di grandissimo livello europeo ma per motivi comprensibili (ci arriverò tra poco) piuttosto lontano dal raggiungere un pubblico anche solo di “Nicchia estesa”, arrivo alla fine di questo Armand V con la sensazione di aver letto un libro importante ma di non conoscere esattamente i motivi, del non sapersi spiegare perché (in questo caso) una trama basata su un diplomatico norvegese e i suoi non-tormentin e soprattutto le sue elucubrazioni, alcune delle quali molto interne a dinamiche proprie della nazione scandinava, mi ha colpito e intrigato, come del resto era successo con gli altri romanzi letti (trovate in fondo le relative recensioni).
Abbiamo intanto una peculiarità formale e strutturale: questo romanzo si configura come l’assenza di se stesso; per dirla con più chiarezza, consiste delle note a un romanzo, quello su Armand V, mai scritto. Il romanzo reale è quindi puramente potenziale, non esiste, non lo stiamo leggendo, a esso viene a volte alluso e accennato. Eppur il lettore, non c'è dubbio, sta leggendo un romanzo (seppur di forma poco tradizionale) che parla di Armand V, l’unico possibile in questo contesto (perché lo scrittore ha deciso così).
Abbiamo intanto una peculiarità formale e strutturale: questo romanzo si configura come l’assenza di se stesso; per dirla con più chiarezza, consiste delle note a un romanzo, quello su Armand V, mai scritto. Il romanzo reale è quindi puramente potenziale, non esiste, non lo stiamo leggendo, a esso viene a volte alluso e accennato. Eppur il lettore, non c'è dubbio, sta leggendo un romanzo (seppur di forma poco tradizionale) che parla di Armand V, l’unico possibile in questo contesto (perché lo scrittore ha deciso così).
La possibilità e la sua negazione, una prima volta. E qualcuno che decide per noi.
Veniamo poi al personaggio principale: il suo atteggiamento di riflessione e ricerca del senso è molto più universale di quanto alcune peculiarità “norvegesi” potrebbero far apparire (in particolare la critica della socialdemocrazia una volta considerata “modello”, ma anche la presa di coscienza del paese come stato vassallo-cuscinetto di interessi atlantisti). Come altri personaggi di Solstad, anche Armand V, nonostante una sviluppata intelligenza e una spiccata tendenza all'autoriflessione, sembra soccombere ad automatismi che sembrano in buona sostanza “predeterminarne” il destino, rendendolo soggetto a forze esterne molto più forti e cogenti, diventando una sorta di manichino (privilegiato, perché uomo di successo, a tutti i livelli, benestante, apparentemente appagato) delle stesse.
Veniamo poi al personaggio principale: il suo atteggiamento di riflessione e ricerca del senso è molto più universale di quanto alcune peculiarità “norvegesi” potrebbero far apparire (in particolare la critica della socialdemocrazia una volta considerata “modello”, ma anche la presa di coscienza del paese come stato vassallo-cuscinetto di interessi atlantisti). Come altri personaggi di Solstad, anche Armand V, nonostante una sviluppata intelligenza e una spiccata tendenza all'autoriflessione, sembra soccombere ad automatismi che sembrano in buona sostanza “predeterminarne” il destino, rendendolo soggetto a forze esterne molto più forti e cogenti, diventando una sorta di manichino (privilegiato, perché uomo di successo, a tutti i livelli, benestante, apparentemente appagato) delle stesse.
La possibilità e la sua negazione, di nuovo. E qualcuno che decide per noi.
Un po’ come in Krasznahrokay, sembra la vertigine della mancanza di senso (dell’esistenza) ad animare (o de-animare) i personaggi e le storie di Solstad: se questo può suonare disperante, va detto che l’ironia dello scrittore, il suo cinismo pulito, l’esplorazione delle piccolezze umane e il continuo avvolgersi nelle spirali del dubbio e soprattutto della giungla delle alternative (cose succederebbe se? Cosa sarebbe successo se?), ovviamente impossibili visto che i destini sembrano in qualche modo segnati (eppure, eppure il destino riserva qualche sorpresa) rendono la lettura godibile e addirittura appassionante.
È nella frizione tra possibilità e negazione della stessa che si gioca questo libro, e, andando un passo oltre, in quella tra il senso delle cose e la sua mancanza. Con l’aggiunta di quella componente metanarrativa che aggiunge il brivido di una riflessione (non nuovissima, ma acuta) sul ruolo dello scrittore.
La vita di Armand V, comunque, è fatta di note. Le leggeremo, o ci perderemo la storia.
Un po’ come in Krasznahrokay, sembra la vertigine della mancanza di senso (dell’esistenza) ad animare (o de-animare) i personaggi e le storie di Solstad: se questo può suonare disperante, va detto che l’ironia dello scrittore, il suo cinismo pulito, l’esplorazione delle piccolezze umane e il continuo avvolgersi nelle spirali del dubbio e soprattutto della giungla delle alternative (cose succederebbe se? Cosa sarebbe successo se?), ovviamente impossibili visto che i destini sembrano in qualche modo segnati (eppure, eppure il destino riserva qualche sorpresa) rendono la lettura godibile e addirittura appassionante.
È nella frizione tra possibilità e negazione della stessa che si gioca questo libro, e, andando un passo oltre, in quella tra il senso delle cose e la sua mancanza. Con l’aggiunta di quella componente metanarrativa che aggiunge il brivido di una riflessione (non nuovissima, ma acuta) sul ruolo dello scrittore.
La vita di Armand V, comunque, è fatta di note. Le leggeremo, o ci perderemo la storia.
Voto: 7/8
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Informazioni sul libro
Dag Solstad - Armand V. Note a un romanzo non scritto
Traduzione di Maria Valeria D'Avino
Iperborea 2024
256 pag.
Attualmente in commercio
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