APOCALISSE - DIVERTIMENTO
Da qualche libro a questa parte - per quanto mi riguarda penso che la cesura sia avvenuta dopo I giardini dei dissidenti - Jonathan Lethem sembra aver riposto la propria tendenza o ambizione al grande affresco di ambiente e sociale, di solito newyorkese e di stampo bellowiano, e pare aver fatto suo l'imperativo "lasciatemi divertire" dedicandosi, in particolare con Il detective selvaggio e questo ultimo L' Arresto a trame piuttosto scombiccherate (e inventive) e a una narrativa di stampo "camp" i cui riferimenti plausibili potrebbero essere da una parte certo cinema americano di serie B (o di serie A, ma che imita riferimenti bassi) e dall'altra l'utopia hippy (mortificata) di Vineland di Pynchon.
L' Arresto si situa nominalmente nel filone dei libri distopici (o post-apocalittici) che immaginano un futuro nel quale le nuove tecnologie si guastano e abbandonano l'uomo, in qualche modo in un territorio che potrebbe comprendere Il silenzio di DeLillo, o Il mondo dietro di te di Alam, o ancora (spostandosi in un altra letteratura e qualche anno prima) A/Metà dello sloveno Frelih. Se nei romanzi di DeLillo e Alam intravedevamo appena l'inizio del mondo improvvisamente disconnesso, con L' Arresto ci troviamo "in medias res", in un' America (intesa come Stati Uniti) ruralizzata dall'avvenimento del titolo. Ma a me pare che a Lethem più che la dinamica distopica in sé, l'immaginare e sviluppare (e motivare) i comportamenti e le relazioni di un uomo privato dei doni della simultaneità e della iper-connessione, interessi appunto scatenare la sua fantasia in chiave inventiva e citazionista (letteratura, cinema, musica - ovviamente ne ho colto solo una piccola parte), con un messaggio di fondo vagamente ecologista e hippy-comunitario (e allo stesso tempo comprendente i relativi dubbi e il legittimo scetticismo sulle medesime tendenze) e una forte vena meta-narrativa, la riflessione su una storia - un romanzo, una vicenda - che compone se stessa, o che si compone trainata dalle riflessioni dei suoi personaggi. Il principale - quello che traina e riflette - è "Garzone" (Journeyman) e il suo sodale/antagonista/complemento è il cervellotico Todbaum, che irrompe nel mondo relativamente pacificato post-arresto a cavallo della sua Blue Streak (Saetta Azzurra), fungendo da deus ex machina della trama e dell' azione romanzesca. Emblematicamente, prima dell' "arresto", i due si dedicavanoa sceneggiature per film (vagamente) sci-fi: lo scrittore che si riflette nei suoi personaggi e gioca con loro.
Come nel libro precedente più che la trama, tutto sommato semplice e a cui non vanno chieste particolari coerenza e logica, valgono appunto le invenzioni di Lethem: i dialoghi, le citazioni esplicite e nascoste, le immagini fulminanti, i momenti umoristici, l'abbondanza di dettagli tecnici, naturalistici, paesaggistici (non è un libro di descrizioni, intendiamoci, ma sono cose funzionali al mondo post-primordiale/apocalittico immaginato da Lethem), il tutto eseguito da grande scrittore, visibilmente divertito e soddisfatto di sé. Ma è soddisfatto anche il lettore: questo è un buon libro, sono difficili i paragoni con i colleghi che ho citato sopra perché gli intenti sono completamente diversi, direi comunque che se non altro Lethem è andato oltre a quello che un DeLillo ha solo accennato, e, senza la pretesa di scrivere il Grande Romanzo Distopico e Apocalittico del post-Web, è riuscito di sicuro a produrre dell'intrattenimento di alto livello.
P.S: ho letto l'edizione in lingua originale. Credo di essere un buon lettore in inglese, ma quello di Lethem è qui elaborato, specie per quanto riguarda i gerghi tecnici che elenco sopra (piante, animali, strutture architettoniche, tutto legato alla trama ovviamente) e le citazioni per cui lo consiglierei in originale solo a chi si sente sicuro dei propri mezzi linguistici.
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