SCRITTORI IN CINQUE RISPOSTE
Cosa
vorresti dire del tuo ultimo libro a chi non lo ha già letto o non lo conosce?
Vorrei dire che quel libro li sta aspettando se sono lettori che amano le storie un po’ gotiche, un po’ passionali, un po’ storiche, ambientate nella Napoli antica e in quella più vicina ai giorni nostri. Se hanno amato il realismo magico e la linearità della narrazione non gli basta più, allora il mio è il libro giusto per loro, altrimenti è meglio che leggano altro. Mi piacerebbe dir loro che i luoghi parlano e io spesso mi fermo ad ascoltarli, ne subisco le suggestioni, mi pare di avvertire le voci che li hanno abitati prima di me, di sentire un fiato di vita transitato lì, inoltre mi piacerebbe dir loro che è una storia di amore e di violenza ma soprattutto è una storia sul senso della Cura. E che leggendo le storie di Albina, Elisa, Maria e Federica, Il Lupo e Giuseppe scopriranno che un luogo chiamato il Complesso degli Incurabili è stato il cuore dell’ispirazione per creare questi personaggi, tutti legati fra loro, come sono legate le vite di ogni essere umano all’altro. Direi ai lettori che è la storia in cui la bellezza può essere trovata anche nell’orrore e ogni rinascita è possibile.
A
che progetto stai lavorando in questo momento?
Ho un paio di lavori in essere, uno di ghost writing a cui ho voluto dedicarmi per sperimentare la mia capacità di dare voce ai progetti di scrittura altrui facendo venire a galla un desiderio che probabilmente non avrebbe trovato sbocco. È un lavoro particolare in cui ho dovuto mettere non solo le competenze tecniche di scrittura ma anche la mia capacità di ascolto verso l’altra persona, ho imparato a dire le cose che quella persona vorrebbe raccontare ma nella forma più dignitosa possibile. Non è un esercizio facile, ci vuole molto rispetto e delicatezza. Poi ho iniziato da poco un nuovo progetto per un mio romanzo, a breve stacco con tutto e mi dedico soltanto alla mia scrittura, ho molto bisogno di isolamento quando scrivo.
Un’attività
che amo molto fare è il coaching letterario, ovvero seguire online chi ha
un’idea di scrittura e non sa come svilupparla. Questo accompagnamento, passo
dopo passo, che dedico a un progetto altrui mi dà molta soddisfazione e gioia,
oltre a creare delle profonde connessioni con aspiranti autori. Qui metto
insieme le mie competenze tecniche con quelle di counseling che mi hanno
insegnato l’arte dell’ascolto attivo.
Qual
è stata finora la tua più grande soddisfazione da scrittrice?
Le soddisfazioni più grandi mi vengono sempre dalle parole di lettori speciali e/o da letture di persone del mestiere che sanno mettere in evidenza aspetti preziosi, secondo loro, della mia penna. Non ho avuto mai vere soddisfazioni da premi o da riconoscimenti formali, allora preferisco cogliere nelle recensioni e nelle parole degli altri lo stupore e il coinvolgimento emotivo per le storie che scrivo. Ultimamente, mi è stata riconosciuta una cura scrupolosa per le scelte lessicali e per lo stile, e questo mi sembra un grande attestato di stima. Detesto la sciatteria nel linguaggio parlato e scritto, la dignità letteraria per me è la prima cosa, insieme all'aderenza autentica fra ciò che sentiamo e ciò che scriviamo.
Se
potessi, cosa cambieresti nella scena letteraria o editoriale italiana?
Innanzitutto, darei più riconoscimento economico agli scrittori, tranne quei pochi casi di personaggi che vengono pagati benissimo perché già noti nel panorama letterario o culturale, gli altri fanno tanta fatica e sono ultimi nella categoria del mondo editoriale a ricevere una vera gratificazione per il loro lavoro. Questo dovrebbe andare di pari passo con un sistema trasparente di evidenza delle vendite. Poi mi piacerebbe poter assistere a un rinascimento vero della critica letteraria, con sincere argomentazioni e senza la paura di urtare la sensibilità dell’amico dell’amica dell’amico; quindi, sarebbe bello vedere meno gruppi di potere e schieramenti, ma questa forse è pura utopia. Darei anche maggiore spazio agli editori indipendenti e a quelli che fanno le cosiddette scelte di nicchia, a volte ci sono libri bellissimi e autori bravissimi che passano sottogamba perché soffocati da un’offerta abnorme di roba assai commerciale.
Che consiglio daresti a uno scrittore
emergente?
Di leggere molto e con attenzione e spirito critico, di parlare poco o niente con altri dell’ambiente se si sta lavorando a un progetto personale, di affidarsi e fidarsi soltanto di pochissime persone di comprovata fiducia e “purezza d’animo”. Credo ancora che esistano rari individui di qualità umane superiori. Gli consiglierei di provare e riprovare fino a quando la motivazione interiore non sia davvero forte. Infine, gli direi di non avere paura a uscire nel mondo, perché non è che questo giri sempre intorno a noi e che fallire è meglio di non tentare mai. Ridimensionarsi aiuta moltissimo a vivere sereni pur mantenendo fermi i propri obiettivi di crescita. Non contiamo poi tanto nel complesso della rete delle varie esistenze e nell'Universo intero ma contano i nostri gesti e il valore che attribuiamo a essi.
Vorrei dire che quel libro li sta aspettando se sono lettori che amano le storie un po’ gotiche, un po’ passionali, un po’ storiche, ambientate nella Napoli antica e in quella più vicina ai giorni nostri. Se hanno amato il realismo magico e la linearità della narrazione non gli basta più, allora il mio è il libro giusto per loro, altrimenti è meglio che leggano altro. Mi piacerebbe dir loro che i luoghi parlano e io spesso mi fermo ad ascoltarli, ne subisco le suggestioni, mi pare di avvertire le voci che li hanno abitati prima di me, di sentire un fiato di vita transitato lì, inoltre mi piacerebbe dir loro che è una storia di amore e di violenza ma soprattutto è una storia sul senso della Cura. E che leggendo le storie di Albina, Elisa, Maria e Federica, Il Lupo e Giuseppe scopriranno che un luogo chiamato il Complesso degli Incurabili è stato il cuore dell’ispirazione per creare questi personaggi, tutti legati fra loro, come sono legate le vite di ogni essere umano all’altro. Direi ai lettori che è la storia in cui la bellezza può essere trovata anche nell’orrore e ogni rinascita è possibile.
Ho un paio di lavori in essere, uno di ghost writing a cui ho voluto dedicarmi per sperimentare la mia capacità di dare voce ai progetti di scrittura altrui facendo venire a galla un desiderio che probabilmente non avrebbe trovato sbocco. È un lavoro particolare in cui ho dovuto mettere non solo le competenze tecniche di scrittura ma anche la mia capacità di ascolto verso l’altra persona, ho imparato a dire le cose che quella persona vorrebbe raccontare ma nella forma più dignitosa possibile. Non è un esercizio facile, ci vuole molto rispetto e delicatezza. Poi ho iniziato da poco un nuovo progetto per un mio romanzo, a breve stacco con tutto e mi dedico soltanto alla mia scrittura, ho molto bisogno di isolamento quando scrivo.
Le soddisfazioni più grandi mi vengono sempre dalle parole di lettori speciali e/o da letture di persone del mestiere che sanno mettere in evidenza aspetti preziosi, secondo loro, della mia penna. Non ho avuto mai vere soddisfazioni da premi o da riconoscimenti formali, allora preferisco cogliere nelle recensioni e nelle parole degli altri lo stupore e il coinvolgimento emotivo per le storie che scrivo. Ultimamente, mi è stata riconosciuta una cura scrupolosa per le scelte lessicali e per lo stile, e questo mi sembra un grande attestato di stima. Detesto la sciatteria nel linguaggio parlato e scritto, la dignità letteraria per me è la prima cosa, insieme all'aderenza autentica fra ciò che sentiamo e ciò che scriviamo.
Innanzitutto, darei più riconoscimento economico agli scrittori, tranne quei pochi casi di personaggi che vengono pagati benissimo perché già noti nel panorama letterario o culturale, gli altri fanno tanta fatica e sono ultimi nella categoria del mondo editoriale a ricevere una vera gratificazione per il loro lavoro. Questo dovrebbe andare di pari passo con un sistema trasparente di evidenza delle vendite. Poi mi piacerebbe poter assistere a un rinascimento vero della critica letteraria, con sincere argomentazioni e senza la paura di urtare la sensibilità dell’amico dell’amica dell’amico; quindi, sarebbe bello vedere meno gruppi di potere e schieramenti, ma questa forse è pura utopia. Darei anche maggiore spazio agli editori indipendenti e a quelli che fanno le cosiddette scelte di nicchia, a volte ci sono libri bellissimi e autori bravissimi che passano sottogamba perché soffocati da un’offerta abnorme di roba assai commerciale.
Di leggere molto e con attenzione e spirito critico, di parlare poco o niente con altri dell’ambiente se si sta lavorando a un progetto personale, di affidarsi e fidarsi soltanto di pochissime persone di comprovata fiducia e “purezza d’animo”. Credo ancora che esistano rari individui di qualità umane superiori. Gli consiglierei di provare e riprovare fino a quando la motivazione interiore non sia davvero forte. Infine, gli direi di non avere paura a uscire nel mondo, perché non è che questo giri sempre intorno a noi e che fallire è meglio di non tentare mai. Ridimensionarsi aiuta moltissimo a vivere sereni pur mantenendo fermi i propri obiettivi di crescita. Non contiamo poi tanto nel complesso della rete delle varie esistenze e nell'Universo intero ma contano i nostri gesti e il valore che attribuiamo a essi.
Nota biografica.
Francesca G. Marone è sociologa, counselor professionista e mediatrice familiare, vive a Napoli. Ha pubblicato racconti e poesie in antologie per Perrone, Nottetempo e Centoautori. Con l’associazione di scrittura femminile “Wewrite” ha partecipato all'antologia Madame Europa (Fusibilia edizioni). Dalla rielaborazione del manoscritto segnalato alla 23a edizione del Premio Calvino con la menzione «per il lacerante scandaglio di un’interiorità femminile» è nato il romanzo Poche rose, tanti baci, edito da Castelvecchi. Il suo romanzo più recente, in parte oggetto di questa intervista, è Le Pentite per Les Flâneurs edizioni, di cui potete qui leggere la recensione.
Grazie mille caro Marco per queste domande!
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