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NOTED/UNNOTED. SPECIALE WILLIAM GADDIS, INTERNATIONAL BOOKER E UNA RECENSIONE

TRE DI TRE




Noted/Unnoted. Gaddis. International Booker.

Riprendo il formato di Noted/Unnoted (una rubrica storica che poi ho un po’ lasciato andare) per mettere insieme due o tre cose che volevo dire.

Cominciamo con l’International Booker Prize, iniziato bene per l’Italia con l’inclusione di ben due libri nella Longlist, poi purtroppo (?) non passati nella sestina dei finalisti. Comunque sia, ha vinto la tedesca Jenny Erpenbeck con Kairos, di prossima traduzione per Sellerio con la traduzione di Ada Vigliani. Gli altri finalisti sono stati Not a River di Selva Almada, The Details di Ia Genberg, Mater 2-10 di Hwang Sok-yong, What I’d Rather Not Think About di Jente Posthuma, Crooked Plow di Itamar Vieira Junior. Trovate al link precedente un riassunto di temi ed eventuale pubblicazione italiana dei libri della longlist.

Parlando di novità editoriali, una notizia fragorosa avrebbe dovuto squassare ed euforizzare il mondo dei lettori di Americana, e in particolare di postmoderno americano. Il Saggiatore ripubblicherà, credo entro quest’atto, Le perizie di William Gaddis, opus magnum uscito ai tempi per Mondadori e a lungo fuori commercio. La traduzione rimarrà invariata, quella di Vincenzo Mantovani. Informalmente ho saputo che Il Saggiatore avrebbe acquisito i diritti di altre opere di Gaddis, ma non ho altri dettagli.

Letture: una recensione in breve e quella di America del macedone Zharko Kujundjiski, per Besa Muci (specializzato in letterature dei Balcani e del sud-europeo). Non ho molto da dire, perché il libro, seppur interessante, col suo realismo magico portato alle sue estreme conseguenze del surreale e dello scombiccherato, esce di molto dalle zone letterarie da me frequentate e frequentabili. Dovrei consultare gli esperti del genere, da una parte il tono favolistico e l’affastellarsi creativo di immagini suggestive si adattano bene a una storia di guerra, amore, partenze e ritorni che si svolge in una cittadina pugliese immaginaria (America è il nome di uno dei personaggi, non ha nulla a che fare con l’ambientazione), dall’altra mi pare che l’autore non lasci respiro, rendendo la pagina troppo densa (ma nel senso della riga precedente) e troppo difficile da seguire, tanto che paradossalmente si finisce per godersi, a tratti, le singole scene, perdendo di vista la storia complessiva. Voto direi un non giudicabile (appunto dovrei chiedere a qualche altro lettore) o una salomonica sufficienza.

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