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LIBRI E RECENSIONI. ANNIENTARE DI HOUELLEBECQ - ULTERIORI APPUNTI

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Voglio qui aggiungere qualche appunto alla mia recensione di Annientare di Michael Houellebecq, in particolare su alcuni ragionamenti, a loro volta stimolati da alcune discussioni con altri lettori, che vanno a innervare il mio parere (molto positivo) senza cambiarlo. D'altra parte, mi piace considerare il blog e/o più generalmente una recensione, un parere di lettura, come qualcosa di fluido e dinamico. Inoltre, questi appunti potrebbero essere vissuti da alcuni lettori come uno spoiler (seppur non eccessivo), per cui ben venga che siano separati dal corpo principale della recensione.

In essa alludevo molto brevemente a una linea narrativa distopico/fantapolitica che viene lasciata cadere, addirittura bruscamente, aggiungo. Ho avuto su questo punto reazioni di segno piuttosto differente, il che forse va a significare che Houellebecq ha fatto bene il suo lavoro: alcuni lettori hanno parlato di vero e proprio problema strutturale (per alcuni grave), altri di scelta voluta nella direzione di un messaggio o un oracolo, come dire la dimensione pubblica che viene sostituita da quella intima e privata, la politica che viene rimpiazzata dall'amore. 
Da parte mia, il fatto che una scelta sia voluta non deve intanto e per forza implicare il consenso del lettore: faccio sempre l'esempio tristanzuolo de La freccia del tempo di Martin Amis. La scelta di raccontare una storia di Olocausto in rewind è di sicuro voluta, eppure a mio modo di vedere il libro è uno dei più deboli e ripetitivi di Amis, proprio perché mi pare che questa impostazione abbia il fiato corto, specie nella dimensione ariosa di un romanzo. 
Insomma: scelta voluta ≠ il lettore deve per forza gradire.
Nel caso di Annientare, in primis a me è rimasta la curiosità di "come va a finire", anche perché la tensione viene ben preparata e anche tecnicamente il tema (che ha che fare con l'hackeraggio e il terrorismo) si presenta come ben svolto e documentato, inoltre pure nell'ipotesi di scelta voluta mi pare molto dipenda dai modi, e qui ho avuto l'impressione di un passaggio (o meglio di una scomparsa - dalla narrazione) troppo brusco, come se qualcosa fosse stato ripensato a opera in corso, anche solo per contenere il numero di pagine di un romanzo già piuttosto corposo, insomma per arrivare al punto che probabilmente Houellebecq sentiva come importante, decisivo.

Peraltro in Annientare esiste un'altra linea narrativa secondo me poco convincente e apparentemente poco utile per lo sviluppo complessivo e anche per il messaggio di fondo (brutta espressione, ma non me ne viene un'altra), quella dei sogni del protagonista, molto elaborati ma in sostanza goffi, con il sospetto che Houellebecq volesse in qualche modo utilizzare/giocare con un registro surreale in un romanzo altrimenti realistico, come realistica è (in sostanza) la sua narrativa. O forse la dimensione onirica di Paul, piuttosto tormentata e complessa, voleva fungere da sintesi della sua condizione "franta" o annuncio di quello che (gli) sarebbe successo nella parte finale del libro?

In sintesi, i sogni si possono leggere velocemente e l'abbandono della linea distopico/politica non inficia il risultato perché a mio parere la dimensione affettiva, intima, familiare, dei sentimenti e dell'amore/redenzione, della natura/salvezza (sì, sto parlando di Houellebecq) prevale nel libro ed è strutturata con capacità, mestiere e sentimento (esatto!), in altri termini funge da dimensione primaria e almeno nella mia percezione un (eventuale) difetto della dimensione accessoria non è decisivo per la riuscita complessiva. In più, difficilmente considero il francese uno scrittore di trama (anzi, pensiamo alle lungaggini nella seconda parte di Sottomissione). La discussione, ovviamente, resta aperta.

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