EPICA INGLESE
Al secondo capitolo della tetralogia delle stagioni di Ali Smith, Inverno (qui trovate Autunno), si consolida la sensazione di un'opera importante, una sorta di "epica" del presente britannico e post-brexit (o meglio, post referendum sulla stessa) e allo stesso tempo di grande esaltazione nostalgica (ma non solo) sull'arte e sul potere del linguaggio.
Inverno mantiene alcune caratteristiche che conoscevamo dal precedente: l'esplorazione delle dinamiche generazionali, la rievocazione (in un mix di alto - appunto l'arte - e basso, i numerosi riferimenti "pop") del passato, un forte afflato morale-politico (che fortunatamente si ferma poco prima del "romanzo a tesi") e il ricorso frequente all'onirico e ai registri di quello che potremmo chiamare realismo magico, ma in senso molto personale. In questo romanzo si accentuano un certo carattere metaletterario/citazionista e il gioco con il linguaggio, cose che il lettore italiano/in traduzione non può forse cogliere completamente, ma comunque rese con perizia nella bella traduzione di Federica Aceto. La situazione politica inglese "nel presente" mi pare invece essere meno presente rispetto ad Autunno (che forse risentiva dell'indignazione e dell'urgenza legate al referendum di cui parlavo sopra) o meglio viene integrata e mostrata attraverso flash "di ambientazione" molto rapidi, mentre il libro è attraversato da una tensione civile che viene da lontano, dal passato, per esempio dalle prime lotte ecologiste o antinucleari (negli anni 80 e 90 inglesi), aspetti restituiti soprattutto dalla forte contrapposizione delle sorelle Sophia e Iris, co-protagoniste del libro.
Al di là del valore del romanzo, che è elevato per l'arguzia dei dialoghi, per come le (numerose) situazioni surreali/visionarie vengono combinate con il tono prevalente, che rimane realistico, per la vena ottimista che percorre una narrazione - non dimentichiamo - svolta perlopiù nei giorni di natale e volutamente tinta di fiabesco, il lettore è favorito (credo) se riesce a mantenere una visione unitaria dell'opera della Smith, un tentativo, per ora sostanzialmente riuscito, di "Grande Romanzo Britannico" senza tempo ma paradossalmente ben piantato nel suo tempo, in quello presente. Naturalmente continuerò la lettura con gli altri due romanzi della "serie": Primavera ed Estate. Nel contempo consiglio questi, ma tenendo conto di quanto dicevo sopra sulla peculiare miscela di registri ben applicati dalla scrittrice.
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