IL METODO COE/WINSHAW
Va bene, tiriamo il fiato. Questo è il miglior romanzo di Coe da Circolo chiuso, un poco superiore, perché più familiare per i fan rispetto a I terribili segreti di Maxwell Sim e molto più convincente rispetto agli sciapi, appena gradevoli, La pioggia prima che cada ed Expo 2013.
Non credo sia solo l´effetto Winshaw. Coe è un abile ricettore dei tempi in cui vive, e semplicemente l´Inghilterra in cui è ambientato questo romanzo, tra il 2003 e gli anni pre-Brexit, con la Londra del boom immobiliare, il governo Blair, l´adesione all´intervento in Iraq, l´acuirsi veloce di certe differenze sociali, l´illusione di una ricchezza potenzialmente infinita, è più ricca di spunti e ragionevole indignazione per un cronista switfiano di tale natura.
Coe in effetti utilizza questo materiale sia per dispiegare la propria capacità satirica che per nutrire la sua usale ma sempre brillante trama ad incastri, in questo caso il libro vive di cinque sezioni (alcuni hanno parlato di romanzo di racconti, cosa su cui non concordo) dove vengono seguite le vicende di Rachel e Allison, ragazze appartenenti a una piccola borghesia in odore di retrocessione sociale, e dei ricchi del caso, la famiglia Gunn, passando per il consueto, ma anche qui sempre brillante, citazionismo cinematografico (in questo caso tra gli altri film dimenticati What a whopper, in un chiaro gioco di riferimenti con il romanzo sopra citato) e in generale attraverso quel carico di cultura pop e di buone letture che contraddistinguono la narrativa di Coe. Il tutto mai affastellato o appiccicaticcio, ma reso fluido e ben integrato, si sentono insomma le intenzioni teoriche dell´autore, ma senza che la struttura ne risenta e si (s)cada nel romanzo a tesi o nel semplice auto-cut-off.
Credo che ci siano pochi narratori come Coe a poter testimoniare con credibilità, Humor, emozione, indignazione e una certa leggerezza sul cd. stato dell´Unione, o anche su quello del capitalismo, questo discorso insistito, sentito e continuo si tiene sempre in un equilibrio miracoloso, mai veramente precario, tra il piacere della lettura e il gusto dei personaggi, del dialogo, della coincidenza rivelatoria e la consapevolezza artigianale/di mestiere di uno scrittore che porta avanti in fin dei conti un discorso fortemente (ma anche finemente) politico.
Oltre ai temi che sopra descrivevo, alcune pagine davvero inventive e spassose sono dedicate alla dinamica dei reality show, e ancora altre si fanno addirittura lovecraftiane-orrorifiche nell´immaginare una rivolta bestiale del basso, dalle cavità e dalle grotte, nella Londra della speculazione edilizia.
In effetti anche la figura dei Winshaw, i richiami alla generazione passata (in tutti i sensi) e ai pochi residui sembrano aver qualcosa di lovecraftiano: la famiglia è un´istanza malvagia, pre-esistente, vagamente sotterranea, una presenza incombente, ottusa e ottusamente intenta alla riproduzione di un metodo avido e fagocitante, che percorre ormai da 25-30 anni la storia inglese, quella immaginata da Coe e quindi molto vicina alla realtà.
Se in una gerarchia dello scrittore questo ottimo romanzo non raggiunge le prime posizioni, lo si deve a un effetto deja-vu che credo ormai inevitabile nella produzione di Coe, certo non un innovatore o uno sperimentatore, è lui che troviamo, è il suo metodo, sono i suoi personaggi, i suoi intrecci di destini, tutto quello che lo rende amico, sodale, familiare al lettore affezionato e lo mantiene - comunque - grande narratore dei capitalismi e dell´avidità (non solo inglesi) e dell´inevitabile - umanissima, velleitaria - resistenza.
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Jonathan Coe - Numero undici
Traduzione di Mariagiulia Castagnone
Ed. Feltrinelli 2015
381 pg.
Attualmente in commercio (edizione piuttosto vintage)
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Attualmente in commercio (edizione piuttosto vintage)
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