IL VENETO, QUESTO CONOSCIUTO
Questo Cartongesso, di Francesco Maino, molto lodato all´uscita qualche anno fa, mi chiama una riflessione personale, ne diventa pretesto o forse collegamento.
Quanto è legittimo proiettare su un libro le proprie aspettative o farvi pesare le proprie esperienze? Immagino che la risposta sia banale quando la domanda: è inevitabile. Ma quanto lo è, tanto da modificare un giudizio diciamo "critico" (un giudizio critico da lettore)?
Una digressione: qualche anno fa avevo dato un parere negativo su La promessa di Giovanni Cocco, tra le altre cose specificando che mi ero accostato al libro con grandi aspettative (dovute al precedente e promettente La caduta) rimaste deluse. Lo scrittore stesso si era piccato e tra le altre cose aveva puntualizzato sui Social come le aspettative di un lettore nulla dovrebbero avere a che fare col giudizio su un libro (ovviamente una sciocchezza, ci si approccia a tutto con un´aspettativa, ma la cosa comunque mi aveva portato a riflettere su quanta neutralità o quale atteggiamento talvolta uno scrittore si aspetti dalla critica o addirittura da un semplice lettore - come me - che aveva comprato il libro!).
Questo di Maino è un caso diverso. Per quanto fosse stato lodato il libro, uscito per un editore importante come Einaudi dopo essere stato premiato con il Calvino, non sentivo di nutrire particolari aspettative. Ma, forse, nel giudizio, mi hanno in questo caso fregato le esperienze.
Si tratta - credo si sappia - di una lunga invettiva in prima persona, molto sentita dall´autore - si capsice - che, avvocato (topotoga) trentasettenne e non completamente a proprio agio nei propri panni, rivolge contro (verso) l´ambiente a lui circostante, il Veneto, Insaponata di Piave (che sarebbe San Doná, trasfigurata sotto falso nome come gran parte delle località e dei personaggi del libro, con effetto straniante e divertente).
Ora, la lingua di questo libro (ampiamente esaltata dai critici) è plastica e pastosa, inventiva e ricca di accostamenti inconsueti, il suo miscuglio di veneto "grezzo", italiano alto, ritrovati consumistici e televisivi, linguaggi e gerghi legali, davvero un manufatto quasi gaddiano. di grande qualità e riuscita. Eppure secondo me il libro nel suo complesso non si stacca da questa sua natura di invettiva un po´telefonata, un po´risaputa, e questo credo abbia a che fare con le esperienze pregresse del lettore (in questo caso, io), perché il Veneto che vi viene descritto, quella terra contro la quale si leva la voce di Maino, sembra di averlo già visto e vissuto, tutto prosecchi, sagre culinarie, capannoni, evasione fiscale, vizi privati con pubbliche virtù, politici pasciuti col gozzo, leghisti alla riscossa, ostentazioni di ricchezza, fatuità di centri commerciali e chirurgia plastica. Nulla di veramente nuovo. Ma mi sono chiesto, perché? Hai già letto altri romanzi con questa temperie?
In realtà mi sono venuti in mente solo Gorgo di Gianfranco Bettin che però ruotava attorno a una storia vera di un atto criminale perpetrato da stranieri, non attorno a una colpevole e autoctona pseudo-normalità, e il bel Works di Vitaliano Trevisan, che oltre a esibire un nucleo pacato e direi quasi solidale, è uscito dopo il libro di Maino, quindi non può certo essere usato come prova indiziaria.
Il problema insomma pare essere mio: ho fatto dieci mesi di servizio civile nella regione, ma ancora di più credo di essere stato esposto a reportage, stampa e televisione istantanee: i Piero Maso, la terra che è stata incubatore dell´esperienza leghista, la crescita resistibile e la decrescita irresistibile, l´aspirazione alla ricchezza assoluta, l´orgoglio di non chiedere nulla allo stato (ricorderete l´alluvione) e la testardaggine di chi nulla vorrebbe dare, la classe politica che non è capace di dotarsi delle necessarie infrastrutture che sostengano il tessuto connettivo dell´imprenditoria piccola e media, insomma, anche solo ricordando quasi a casaccio i vari riferimenti, tendenzialmente viene fuori un´invettiva. Quella di Maino è - ovviamente - molto più rabbiosa e interessante, eppure trovo distintive nel suo romanzo-non-romanzo la lingua e una parte dello sguardo (quella più originale e specifica, dedicata ai processi della giustizia locale, di quel piccolo cabotaggio fatto di pratichette e ricorsini), mentre mi pare appunto che nel resto si vada nell´automatico, nell´ovvio, nell´atto di accusa momentaneamente divertente, coinvolgente ma un poco afono, alla lunga.
Penso comunque che Cartongesso possa essere considerato un buono e promettente esordio, il fatto che non abbia avuto seguito potrebbe (potrebbe) avvalorare la mia lettura, ovvero significare che Maino quello che aveva da dire lo ha detto, con forza, con partecipazione, ma inevitabilmente già, e mai più
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Informazioni sul libro
Informazioni sul libro
Francesco Maino - Cartongesso
Ed. Einaudi 2014
239 pg.
Attualmente in commercio
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Attualmente in commercio
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