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LIBRI E RECENSIONI. GIOVANNI COCCO - LA PROMESSA

NON-UNIVERSALE


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Che dire: la mia aspettativa era alta, creata dalla lettura de La caduta, finalista Campiello del 2013, e primo capitolo di una Quadrilogia ambiziosamente pensata dall´autore come "Genesi" (titolo, ma anche dichiarazione di intenti).

In un anno nel quale ancora era possibile consultare le novità italiane senza trovarne un buon 30-50% di tipo apocalittico e distopico, Cocco si era distinto per un´ossimorica umile ambizione, l´ambizione di scrivere qualcosa di diverso, di confrontarsi con modelli ingombranti e influenti come - per fare un nome - DeLillo, ma farlo con un´ottica italiana ed evitando la pura scimmiottatura - umiltà perché il libro era non perfetto ma sincero, senza sbrodolamenti, senza compiacimenti e - nella sua intersezione di storie, di squarci, di moderne catastrofi morali e materiali, nella scrittura espressiva - in sé molto compiuto.

Sono passati due anni, il seguito de La caduta si è fatto attendere, nel frattempo Cocco ha scritto molto spaziando tra diversi generi (il giallo, l´imitazione del lacustre Vitali) e solo ora torna nelle librerie per Nutrimenti con il secondo capitolo della Genesi, La promessa.

Per fortuna del recensore imbarazzato, è lo stesso Cocco nella postfazione a dichiarare un "calo di ispirazione" nell´andare avanti con la sua quadrilogia, nello sviluppare quelle premesse, quella sua visione della vita e della decadenza occidentali.
Mentre soffriva alla ricerca della storia giusta, dei toni giusti, insoddisfatto di quanto scritto fino a quel momento, Cocco si è imbattuto nella clamorosa vicenda del volo German Wings 9525 abbattutosi sulle Alpi di Provenza per volere del suo co-pilota Andreas Lubitz.
Da qui prende le mosse la storia "inscenata" da Cocco.
Dico inscenata non a caso: si ha l´impressione di trovarsi di fronte a un teatro un po´meccanico, a dei personaggi che recitino una parte voluta dall´autore che sembra aver sentito la instant-necessità di raccontare proprio questa storia, e abbia forzato tutto (anche la propria scrittura, fattasi qui laconica, cronachistica, meno visionaria che ne La caduta) a questo suo proponimento.

Chiaro: quella vicenda nella sua tragicità, nella volontà distruttrice di Lubitz, coi suoi contorni un
po´sfocati da "bravo-ragazzo-ma..." ha un fascino indubbio, ma mi pare sia qui appicciata e abbozzata in maniera un po´posticcia, c´è di sicuro una mano professionale nel tenere insieme l´aspetto cronachistico alla struttura autobiografica legata al personaggio che racconta (un insegnante ed ex-giornalista francese in crisi personale), ma manca a mio modo di vedere qualsiasi possibilità di identificarsi in personaggi che rimangono davvero estranei se non appena accennati (o peggio, insondabili nelle loro motivazioni) e il tutto rimane appunto atterrato a livello di cronaca, puntigliosa e a volte un po´pedante,e non trasmette (almeno a me) alcun significato più ampio, universale, direi (per utilizzare una parola che nel libro ricorre).

Mi è difficile parlare di delusione completa, perché non riesco a separare una certa riuscita sobrietà,
l´interesse se vogliamo morboso che temi come la catastrofe e la depressione suscitano dalle aspettative ben più alte che nutrivo per il proseguimento dell´opera di Cocco.
Penso che se avessi preso in mano il libro senza conoscerne l´autore mai avrei pensato che si trattasse proprio del secondo capitolo di quella ben più potente composizione che l´autore sembrava essersi proposto due anni fa.

È sempre un peccato dover parlare in questi termini di qualcosa che si era aspettato con una certa trepidazione, a tutti coloro che non lo abbiano ancora fatto consiglierei piuttosto di leggere La caduta e - come farò io - sperare che quella ispirazione ricca e fantasiosa torni a sostenere lo scrittore quando metterà mano al terzo capitolo della Genesi.
Fino a quel momento, peccato.

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