LA VERSIONE DI CHRISTOPH
È quasi un peccato e sicuramente un´anomalia che questo Nella sua infanzia un giardino sia il primo libro di Christoph Hein di cui parlo qui.
Perché è il mio scrittore tedesco contemporaneo preferito, ma - avendolo letto prima della creazione del Blog - mi ero limitato a queste brevi note di lettura e non a recensioni vere e proprie, il che - intendiamoci - può anche essere un´opportunità.
Dicevo un peccato e un´anomalia, in effetti questo romanzo del 2005 è atipico nella produzione di Hein (che è nato e vissuto nella DDR, apparentemente senza grossi contraccolpi), lo scrittore fino a quel momento si era sempre dedicato a temi inerenti la Germania dell´Est, prima, durante e appena dopo la riunificazione, argomenti e atmosfere che lo trovavano a proprio agio, chirurgico, informato, profondo, descrittivo ma mai didascalico.
Qui Hein si dedica a un tema completamente occidentale, per la prima volta, e lo fa accogliendone uno particolarmente spinoso, ovvero il terrorismo di estrema sinistra e la risposta dello stato allo stesso, basandosi su un caso realmente accaduto, la morte del terrorista della RAF Wolfgang Grams, nel 1993, durante un´operazione di polizia.
Non a caso il libro è stato il primo di Hein a essere realmente oggetto di critica, in due differenti accezioni: da una parte un attacco prevalentemente politico, una sorta di lesa maestà: finché nei suoi libri si criticava da dentro lo stato nel quale aveva vissuto - la DDR, il clima di sospetto perenne, il continuo rischio (la suggestione) di essere traditi e tradire, ma anche l´opportunismo del dopo-Wende - ecco, il consenso ideologico/critico pareva garantito. Ma alle prese con un tema nuovo, con quella che in termini banali potrebbe essere riassunta come una ferita ancora pulsante, Hein è stato accusato di intelligenza con il nemico, in parole semplici di aver sottilmente preso le parti dei terroristi e di aver vergato un atto di accusa contro lo stato tedesco, messo sullo stesso piano del nemico clandestino e armato (se lo Stato spara, e per giustificare gli spari mente, allora è legittimo l´attacco alle istituzioni). Lo dico subito, ridicolo attaccare Hein su questo piano.
Più ragionevole e fondato - e da qui il mio "peccato" iniziale - qualche appunto sul piano letterario. Alle prese con un tema oggettivamente difficile e tutto sommato piuttosto fresco, lo scrittore non riesce del tutto a evitare quei manicheismi e didascalismi totalmente assenti - invece - dai suoi asciuttissimi eppure espressivi romanzi sull´Est.
In questo libro, il terrorista Wolfgang Grams diventa Oliver Zureck, e la narrazione ruota attorno ai tentativi dei genitori (il padre Richard, professore, ex-preside e personalità riconosciuta nella propria comunità, la madre Friederike, ma compaiono anche i due fratelli che si ripartiscono i ruoli, il quasi-fiancheggiatore redento e la lealista giustizialista che aderisce pienamente ai valori tradizionali dell´Ovest) di riabilitare la memoria del figlio, dimostrando che il suicidio altro non è stato che un´esecuzione di stato.
Detto di ricezione e accenni di trama, in nessun momento ho avuto l´impressione che Hein fiancheggiasse una posizione critica di stampo puramente politico alla Germania Ovest e alla lotta al terrorismo, l´insistenza è piuttosto sull´amor filiale e su una battaglia ambigua ma fondamentalmente di natura personale e non collettiva (il padre rifiuta di rendersi sodale di movimenti politici e/o coniatori di slogan che vorrebbero farsi forti della figura di Oliver).
E devo dire che la sensibilità di Hein, il suo umorismo, la forza delle parole e delle ambientazioni, salvano questo romanzo come pochi altri scrittori avrebbero potuto fare di fronte a un tema di questa portata, e che tanto si presta a ideologizzazioni e sviluppi puramente teorici.
In altri termini, sarebbe un grande romanzo se non si sapesse di cosa è capace questo autore, e come invece l´approccio qui usato lo abbia ogni tanto (non sempre) vincolato a qualche schematismo di troppo e ad artificiosità che si riflettono soprattutto in dialoghi a volte di stampo teatrale se non direttamente declamatorio.
Non vorrei - in questa mia prima recensione ufficiale di Hein - essere stato troppo severo. Per me è un libro da quattro stellette, e terribilmente istruttivo se si vuole continuare a essere sanamente scettici anche di fronte a vicende dove si vorrebbe che fosse il buon senso (e la versione ufficiale) a dominare. Ma i romanzi di Hein normalmente sono a cinque stellette, e dovreste leggerli, subito. Se poi volete iniziare da questo, va bene comunque.
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Informazioni sul libro
Informazioni sul libro
Traduzione di Maria Anna Massimello
Ed. E/O 2007
213 pgg.
Attualmente in commercio
213 pgg.
Attualmente in commercio
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