ASSEMBRATI E ASSOMMATI
Con Tre movimenti e una stasi, uscito per Tic Edizioni, l’autore mostra l’ossessività
che risiede nella ripetizione del gesto e dell’azione: il muoversi, il sostare,
il fuoriuscire. Il testo si articola nei tre movimenti e nella
stasi del titolo, che corrispondono al muoversi, allo stare nel mezzo, al passare e al
fermarsi. Ripetizione dunque, reiterazione, scomposizione in micro eventi del
movimento e del pensiero che lo accompagna, della progettazione a riguardo:
«qui ci siamo raccolti, noi che cominciamo a raccoglierci qui, e allora
infatti raccogliamoci» (p.7);«ci muoviamo tutti quanti all’unisono, quasi, e
pensiamo solo a una cosa, cioè a muoverci e ad andare avanti, pensiamo solo ad
attraversare questi spazi per andare da qualche parte.» (p.9); «finisce che
torniamo da dove siamo partiti senza che abbiamo combinato nulla, e invece
adesso qualcosa abbiamo già combinato, visto che siamo in una situazione dello
stare nel mezzo di qualche cosa.» (p. 21).
Le particolarità di questo discorso ossessivo accartocciato su se
stesso o, volendo, di questo flusso di coscienza arrovellato che pare dipanarsi
sul finale sono due: la prima è la teatralità, confermata dall’azione teatrale
site-specific “Trough the Night Softly” per la quale sono stati scritti i
testi, installata nei locali del Teatro Leonardo a Milano nel 2023 da Antonio
Syxty; la seconda è legata al concetto di massa, dal momento che il gesto,
l’azione non è propria del singolo, ma della massa.
Quest’ultima è un’entità che non corrisponde alla semplice somma delle
parti, ma le fagocita e supera quasi avesse autonomia di pensiero e calcolo:
possiamo, dobbiamo, dobbiamo solo passare senza fermarci; la massa dubita,
pensa, prende forma una coscienza e consapevolezza collettiva. A essere messa
in scena è dunque una sorta di alienazione collettiva, un contemporaneo
strisciare in maniera incongrua e indebita; il movimento non diventa tuttavia
motivo di emancipazione, ma un passaggio obbligato verso il movimento che segue
o la pausa, quello stare nel mezzo senza prospettiva, l’andare oltre dal dentro
di una situazione e data una somma di immagini:
«ci mettiamo a fare le scale con una certa cognizione pregressa e
implicita, e naturale di causa, le scale non ci fanno più paura, le abbiamo
appena fatte» (p.18); «siamo familiari, co siamo familiarizzati con tutte
queste scale che hanno ognuna la propria forma, e tutta la loro particolarità,
e tutta la loro peculiarità.» (p.19); il viaggio accomuna, il viaggio mette
assieme tutte le cose, il viaggio di chi fa il viaggio spinge alla solidarietà
di gruppo, spinge a formare gruppi e gruppettini più grandi» (p. 23).
Non c’è spazio per ironia o comicità in questi testi, caratterizzati da
tono e postura alto-tragici che lasciano intravedere una certa disillusione: la
realtà portata alle estreme conseguenze appare qui ripetitiva, monotona, senza
slancio, la folla risponde all’unico imperativo che è quello di andare, di
passare. Per gli aspetti sopra menzionati, “Tre movimenti e una stasi” risulta
un ottimo libro.
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Informazioni sul libro
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[…] pronti a raggiungere un punto di sutura comune e comunista e dipendente, ma poi anche autonomo e indipendente, sempre comune e comunizzato nello spazio-tempo che per adesso è comune accomunato di tutti noi e di tutti gli altri, e poi dopo ma solo dopo prende una certa distanza, e accoglie una certa distanza che ci separa, e scioglie il fatto che adesso siamo tutti un noi unico e solo e individuabile visto dall’alto.
(p. 15)
*
ci abbandoniamo al sogno dell’uscita, abbandoniamoci al sogno della fine, abbandoniamoci e ristagniamo nel piano pieno fruttuoso del siamo finalmente altri, siamo finalmente fuori, siamo nel pieno del sogno della liberazione, siamo il sogno del finalmente stiamo bene, siamo il sogno del finalmente siamo tutti uguali e stiamo tutti bene, ci vogliamo tutti bene, adesso sì che ci vogliamo tutti bene.
(p. 53)
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