GEOLOGIA DELLA VISIONE
Di Valentina Murrocu
La vista sembra uno dei concetti chiave intorno a cui ruota la prima sezione intitolata "Catabasi normale" ovvero quella discesa agli inferi cara ai greci: essa è presente anche quando risalta il suo contrario, la privazione della vista o cecità, quando il nero e il buio lasciano spazio alla forma più alta di visione che prende forma nell'immaginazione: «e questa/cecità per ora la chiamiamo attesa»; «Ora la prova si incentra/sulla differenza tra ricordo e chilometro,/che al buio sono uguali; sul senso/della caduta» (p.21); «oltre la scorza dentro cui sei cieco./Se il nero ti pare, ti può parere/quattro o venti miliardi di figure,/di spoglie tutte ora racchiuse/in una oscurità che è larga./ Salva o non salva l'immaginazione/trova una miriade dietro il buio» (p. 23).
La priorità dell'elemento percettivo nel testo dà luogo a una vera e propria geologia della visione, che può muovere dalla discesa alla condizione liminale "Dalla soglia" nella seconda sezione: «Lecci da poco/si scartano dalla collina che è l'occhio/di noi»; «è spostato/qualche secondo in avanti rispetto/al proprio spettro.» (p.31); «Ho appreso dalla cecità del mattino/la tecnica per votarli alla catena/dei fenomeni» (p.32). La sacralità della visione sfocia nell'indagine del poeta sulla formazione del cosmo e sulla possibilità di scomposizione in micro-cosmi, come ingranaggi puntuali e compiuti: «Allora è come se l'oceano si formasse/dentro l'oscurità dell'uovo.»; «il lutto/dei vuoti cosmici sospeso.» (p.32).
Una simile indagine non esclude la presenza del divino e sonda l'animalità, la vita vegetale e il regno minerale: leggiamo di una vera e propria "Ermeneutica dei vertebrati" che si avvale di una teoria della "Deambulazione" e di una "Anomalia della dentizione+morte", testi contenuti nella terza sezione, al punto che alcuni testi assomigliano a un trattato aristotelico di biologia in versi: «Che uscisse un dio/(adesso)/da queste begonie/gli offrirei il collo farei/io la vittima al sacro.» (p.24); «Amblyrhynchus cristatus è l’unica specie nota/del genere amblyrhynchus, cioè la sola/vera lucertola marina.» (p. 51); «Tra i vari generi di rampicanti troviamo/le edere e il glicine. Però la storia/vegetale gronda ovunque e bisogna/scavare a fondo». (p.57).
Dal punto di vista stilistico la paratassi si alterna all'ipotassi a seconda della sezione, il lessico accoglie tutti i realia possibili avvalendosi di termini presi in prestito alle scienze naturali e alla filosofia, il verso vira di frequente verso la prosa, specie nelle sezioni finali. Lo spettro visibile risulta in definitiva un bel libro, specialmente per l'apertura alla riflessione filosofica sull'origine del mondo e per l'assenza di giudizio sulle modalità di questo darsi.
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Seguono due testi tratti dal
libro:
Lo
spettro visibile
È apparso
il giorno come una cosa
frontale,
e prima del previsto. Lecci da poco
si
scartano dalla collina che è l’occhio
di noi,
le case salite, la strada che.
mai si
sarebbe pensata tutta l’aria
scarsissima
– evaporata tra gli organi
che
guardano fuori e appunto il fuori
ora così
reattivo alla pelle, grosso, dentro cui.
Difficilissimo
spiegare come (droga
degli
angeli) si è fatta la pietra (reale), la valle
(reale),
la scommessa ormai presa per viaggio.
Così
chilometri nell’orizzonte uno scarabeo
si
verifica: è lui, primavera di carne che
entra per
sempre. È lui, è spostato
qualche
secondo in avanti rispetto
al
proprio spettro.
(p. 31)
*
Orgia
Si sparpagliano
in agosto, le spore
che le
felci licenziano a prescindere
se tu hai
modo o no di vederle. Dentro le
pozze
d’aria ci stagni tu e lo sperma
della
sacra orgia vegetale – irradia
l’acero e
sai che quelli in cielo sono
i suoi
figli, i figli bicarpellari.
Continuamente
il coito si consuma
nei
silenzi a giro, nelle rivolte
planate
dagli insetti in mezzo all’erba,
Nella
breccia del tifone che sparge
dappertutto
un’esistenza a ricevere,
gli ovuli
numerosi – viene al sole
per
intercessione di api, la veccia,
persona
entomofila, creatura
di un dio
che senza scienza sapeva.
(p. 60)
*
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