TRADURRE L'ARIA
A Sciame di Maria
Grazia Insinga è un libro di poesie uscito per Arcipelago Itaca nel 2023: il
testo si articola in tre sezioni (“La stanza dell’acqua”, “La testa che parla”,
“Nel nome del giglio”) e si distingue fin dalle prime pagine per la connessione
intima tra tentativo di comprensione del mondo e musicalità della parola poetica;
nello scarto tra parola e suono si inserisce quella che l’autrice definisce
«una conoscenza altra/un neutro escluso da tutte le lingue/e scienze e visibili
e canoni» (p.20).
Su ogni pagina troviamo due blocchi di
versi in dialogo, con rimandi interni ai testi più alcune citazioni rivelate alla
fine del libro (Rosselli, Cattafi, Maeterlinck, tra le altre): la dimensione
dialogica è uno degli aspetti che maggiormente colpiscono il lettore, per via
della pluralità di soggetti cui l’autrice dà voce; è possibile collocare tono e
postura alto tragici e sguardo sul reale dell’autrice in un terreno affine a
quello sapienziale (penso ai lirici greci o alla filosofia presocratica), affine
quanto dissimile negli esiti e per via della tensione verso il basso e il
terreno, per l’approssimarsi allo ctonio e al bestiale:
«comprendere/il non comprensibile dentro
la ragione/non rende comprensibile niente e qui» (p.17); «e non c’è/nulla nulla
di sovrannaturale nell’assoluto» (p.29); «e osserva con l’occhio abissato e
senzadio» (p.33) «due o tre
cose non hanno senso/e si incontrano nel prodigio detto male» (p.35); «e il fondo in fondo è una velatura/per
fare rientrare a capo nel nero/in stato avanzato il suo sfarfallio/tutte le
rose le calle il tuo cranio» (p.40); «c’è un passaggio che collega/questo a
quel mondo ed è/a portata di tutto per il senso/e del non visibile per il
visibile»; «il mondo sfigura/a orari sepolcrali chiude/tombale la mora del
gelso e solve/il corpo e matura verde bianchiccio rosso» (p.42); «divieto di
volo: questa è la divinità/di una divinità negli
intermundia/nell’iperspazio nessuno la vede e» (p.75).
Dal punto di vista stilistico, sono
frequenti le reiterazioni e le allitterazioni, colpiscono le negazioni che
ricorrono ossessivamente in tutto il testo e l’alternarsi di ipotassi e
paratassi: il verso è fratturato continuamente, la sospensione del discorso si
alterna alla negazione dello stesso; il lessico è prevalentemente colto e
specialistico e accoglie termini in altre lingue («cantari»; «kantharos»;
«morgen»; «consequentia»; «ur»):
«il nulla non finito/non di solo
niente/non si può dire due volte/che è già qualcosa e non si può»; «il nulla
non finito/errore per natura»; «non lo dirò con le parole/non riesco a vedere» (p.19);
«l’umidità preistorica nella casa/degli orrori non venirci nella casa» (p.27);
«e la mano tagliata prova dolore/per sé stessa che non prova dolore» (p.30); «e
io sono un uccello/una città dipinta la sua schiena/e io sono la città/dice: ha
il sapore di lingue/non esistenti sulla terra» (p.53) una fessura/e quello che
non vedi sproporzionato/e il fiume carico di pesci che non sai» (p.39).
Sono tutti questi elementi insieme a
rendere “A sciame” un ottimo libro; seguono tre testi tratti dal libro.
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Informazioni sul libro
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ophrys l’albero è troppo alto
o
troppo basso e non c’è
un
filo di pentimento
l’attacco
del vento ibrida gli occhi
l’unica possibile vicinanza:
approssimarsi
(p.34)
*
[…]
[…][…]
[…][…]
[…]
sotto
di lei è ancora altitudine
è
la libertà di non scegliere e scegliere
liberamente
lei madre lei niente e fuori luogo
il
corista insensato chiude gli occhi per non sentire
l’altra
e sei fuori a ogni passo per la fretta di resuscitare
la
stessa voce a ogni passo sei fuori: e per non essere fuori
luogo farsi luogo per non essere mezza viva non farti viva mai
(p.70)
*
a metà del buio è ancora buio
a metà della luce non è luce
questa
non interpreta il sottotesto
e
nemmeno il sopratesto e
per
essere precisi non vede affatto
né
sotto né sopra questa è sé stessa
e ha poca memoria di sé poca luce
(p.72)
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