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CORMAC MCCARTHY - IL PASSEGGERO / STELLA MARIS

 L'ULTIMO MESSAGGIO

McCarthy-PasseggeroMcCarthy - Stella Maris


All'uscita di Il passeggero di Cormac McCarthy, e ancora prima di quella di Stella Maris – i due libri rappresentano quello che dovrebbe (secondo me deve) essere un “corpo unico” – si è scatenata una certa discussione critica su qualità, ispirazione e significato di queste ultime navicelle che McCarthy, dopo averci lavorato a lungo e poco prima della morte, ha lanciato nel nostro spazio letterario, aperte alla nostra interpretazione (e ormai, senza l’autore, aperte per sempre).
Come qualche volta succede, ho notato inizialmente due opposte polarizzazioni (poi per fortuna rientrate o meglio attenuatesi man mano che queste importanti uscite venivano assorbite nel flusso editoriale): per riassumere in modo drastico, da una parte qualcuno tendeva a considerare i libri come opere di un McCarthy poco ispirato o addirittura senile, altri come sublimi sperimentazioni, “oracoli” o porte di accesso a una possibile e futura letteratura “a venire”. Mi pare che tuttora, di fronte agli aspetti enigmatici dei due romanzi, prevalga la frazione di chi vi legge un McCarthy non solo sperimentale, ma come detto oracolare, ispirato, quasi “escatologico”, un autore che alla conclusione del suo percorso vuole comunicarci l’indicibile, in modo spesso criptico, in significati che sta al lettore, se bravo e profondo, provare a decrittare.
 
Provo quindi a dire la mia idea, forse azzardata, ma non più di altri giudizi che ho letto: la mia impressione è che dopo anni di lavorazione questo romanzo, che McCarthy ha probabilmente inteso come il suo definitivo e forse il più ambizioso, è uscito nella forma che l’autore ha ritenuto più adeguata al momento, tenuto conto di una certa urgenza di arrivare alla fine, di vedere il libro pubblicato (non credo ci sia bisogno di spiegare i motivi dell’urgenza stessa), ma non necessariamente in quella che l’autore aveva progettato come finale. Ho avuto l’impressione che Stella Maris, che consiste solo di dialoghi, potesse dover diventare una parte di Il passeggero (inteso come libro unico) e non un libro separato. Ma ovviamente non lo so. Ho avuto l’impressione che McCarthy, avendo altro tempo, avrebbe potuto chiudere alcune delle linee narrative che caratterizzano Il passeggero stesso: il “giallo” con cui inizia (che, sostanzialmente, a un certo punto viene abbandonato), il discorso sulla paranoia, il tema stesso dell’amore carnale tra i due fratelli (che letterariamente poteva giustificare sviluppi ancora più radicali) e alcune scene e personaggi promettenti pure abbandonati per strada.
Non viene invece abbandonato il tema della malattia mentale, che è quello sviscerato (il verbo, un po’ trito, è qui credo il più adeguato per descrivere i vertiginosi dialoghi paziente/psichiatra del libro) in Stella Maris. Ma doveva essere quello il tema portante? Non lo sappiamo, e mai lo sapremo.
Non mi hanno invece disturbato le scene oniriche che si svolgono nella mente di Alicia (non l’ho detto, Bobby e Alicia, lui tecnico di un’azienda specializzata in recuperi subacquei, lei genio della matematica e vittima di malattie mentali di diverso tipo, sono i protagonisti della storia), che in alcuni hanno provocato vere e proprie reazioni di sdegno, come se McCarthy si fosse improvvisamente rimbecillito
 
In altri termini, pur nella grandezza della concezione dell’opera, nelle numerose prove di bravura (alcuni dialoghi cinematografico-tarantiniani, l’eleganza ieratica di alcune frasi scolpite, i numerosi tocchi comici, la maniera in cui viene reso il costante aleggiare della morte sulle vicende umane descritte, la ricchezza di spunti e di registri che il solo-dialogato di Stella Maris pur offre), mi pare che la struttura scelta da McCarthy presenti numerose difficoltà, a questo aggiungerei che tra i due solo Il passeggero è un vero romanzo mentre vedo Stella Maris come un’appendice “dialogica” allo stesso, in qualche modo una bozza, seppure una delle bozze migliori mai pubblicate – curiosamente un’altra, quella di Musil a completamento dell’Uomo senza qualità, affronta anche un amore fratello/sorella.
Un binomio, un’opera, due libri che nella loro somma sono decisamente ambiziosi, spesso struggenti, sostanzialmente imperfetti.
 
In conclusione, questo non è a mio parere il capolavoro destinato a indicarci nuovi percorsi della letteratura e del romanzo – ma è un’opera piuttosto sperimentale e dalla struttura franta che richiede benèfici sforzi da parte del lettore, ripagati con momenti di godimento e anche con altrettanto sani interrogativi (non si deve sempre capire tutto, non sempre tutto è facile), probabilmente non è neppure uno dei vertici della produzione di McCarthy, ma certamente è un libro degno di lettura sia nelle intenzioni (probabilmente, quelle sì, smisurate) sia nella pur perfettibile esecuzione. Aggiungo che si può leggere Il passeggero senza poi continuare con Stella Maris (ma credo sia meglio farlo), mentre è altamente sconsigliabile leggere quest’ultimo senza prima aver affrontato Il passeggero.
Forse tra qualche anno il giudizio critico sulle due opere si consoliderà e non è escluso che in qualche archivio dell’autore verranno trovati ulteriori supporti all'interpretazione. Nel frattempo questa ultima testimonianza è qui, e non ha alcuna intenzione di rispondere a tutte le nostre domande.

Voto: ****1/2/ 7.5 
(da considerare unitario per l'insieme dei due romanzi; un voto più alto andrebbe alla magistrale traduzione di Maurizia Balmelli, che risolve con eleganza e creatività diversi rebus presenti soprattutto nella parte onirica e nei dialoghi "slang")

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Informazioni sui libri
Cormac McCarthy - Il passeggero
Traduzione di Maurizia Balmelli
Ed. Einaudi 2023
392 pag.
Attualmente in commercio

Cormac McCarthy - Stella Maris
Traduzione di Maurizia Balmelli
Ed. Einaudi 2023
200 pag.
Attualmente in commercio

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