UNA SPECIE DI FLUSSO
I
testi che compongono Totem di Silvia Tripodi sono caratterizzati da una ossessività
ciclica, reiterata: si tratta di un collage di flussi di coscienza ripiegati su
se stessi e che si dipanano nella chiusa. Non parliamo di poesie, ma di prose
che sconfinano nella poesia dal punto di vista del ritmo, ammesso che abbia
senso fare una distinzione di questo tipo: ci troviamo, in ogni caso, nell’ambito
delle scritture di ricerca.
La sintassi è prevalentemente ipotattica, non manca
l’uso dell’elenco, il discorso è continuamente fratturato o sdoppiato, il piano
narrativo si apre a «fenomeni di scollamento e disvelamento» (p.10) e
contemporaneamente al «ventaglio delle possibilità e delle aspettative» (p.20)
non solo di chi fruisce il testo, ma anche di chi scrive e dell’oggetto narrato,
esposto: «La regia ordina all’infame di utilizzare anche un linguaggio volgare,
moralmente inaccettabile, lo istiga a dire volgarità, a essere sessista, per
esempio. Automaticamente verrà eliminato dal gioco e fatto uscire non appena la
regia abbia un numero sufficiente di clip da mandare in onda e abbastanza
materiale per squalificarlo».
I
temi, gli oggetti, i personaggi, i nomi propri, i perni intorno a cui ruota e
si sgancia il testo sono dapprima esposti e poi rimossi, in un accumulo di
nozioni o dettagli che si moltiplicano fino a smontare le certezze cui crediamo
di aderire: non solo l’autrice dà voce al rimosso, alla violenza che esplode
per immagini, ma fornisce un catalogo disorganizzato delle passioni umane,
troppo umane dando senso al «geolocalizzare la morte» nei programmi
televisivi, alle ambizioni e vendette minime nella casa del Grande Fratello, all’effetto
Guadagnino: «Probabilmente non tanto per utilizzarlo o perché mi serve,
piuttosto per provare piacere nel guardarlo, sapere che mi sono comportata bene
e che comprandolo me lo sono meritato, che voglio avere intorno oggetti dai
colori pastello che sostituiscono i giocattoli che ho perduto o buttato via».
Agli
elementi sopra menzionati se ne aggiunge un ultimo, mi riferisco alla cifra extra-morale
dei testi che compongono il libro: non si tratta di dare un giudizio sulle
vicende e le passioni del mondo, ma di descrivere quest’ultimo per ciò che è
tentando una giustificazione estetica. L’arte per Tripodi non consola, ma
agisce sui filamenti, sui perni, innesca conflitti, amplifica la tragedia ed è
questo sentire a rendere Totem un ottimo libro.
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Informazioni sul libro
Silvia Tripodi - Totem
Tic 2022
128 pag.
Attualmente in commercio
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Seguono
tre testi tratti dal libro:
Dell’andarsene
per un paesaggio, una campagna che sprofonda nella malinconia e la musica per
piano si John Cage, per ricordare con un post su instagram il piccolo bimbo.
Postare la foto del luogo del ritrovamento, con sincero rammarico, con
autentica compassione. Pubblicare in modo compassionevole un post su instagram.
Geolocalizzare la morte.
(p.23)
*
Di
quella retorica della maschera. Ma la maschera di un bene è un dentro che si
mostra e si capovolge al contrario del contrario fino a ridursi a una matrice
nitida e asciutta.
(p.
61)
*
Questo
dolore però dura poco, viene metabolizzato da masse di autocoscienza che si
sovrappongono una sull’altra. Se non fosse così sarebbe impossibile continuare.
Se non si avesse la capacità di seppellirsi continuamente, l’unica soluzione
sarebbe uscire fuori dalla casa, abbandonare il gioco e sentirsi dei falliti
senza spina dorsale.
(p.85)
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