DISTANZA TRASCURATA
"La formazione delle immagini" è un libro di poesie di Giorgia Romagnoli, uscito per Arcipelago Itaca nel 2019. Ho scelto di iniziare da qui il percorso sulle scritture di ricerca per via della giovane età dell’autrice e di alcuni elementi, testuali e precedenti la scrittura che a mio avviso meritano attenzione.
I tre studi preparatori sul movimento posti in apertura corrispondono a tre stadi, distinguibili soltanto per analogia, in cui il soggetto è contemporaneamente studiato nel suo collocarsi tra due limiti (quelli spaziali, quelli temporali, quelli spazio-temporali) come si legge nei versi «esitare/esistere entro certi limiti» (p.15) e inglobato nella più ampia dinamica di relazioni, movimenti, incontri, trame di cui esso partecipa ritraendosi, «- la distanza trascurata (-abile)/labile» (p.18). Triadico è anche il movimento interno alla seconda sezione, movimento indicato e sostenuto dalle poesie prima, seconda e terza osservazione: il binomio pensiero-percezione genera conoscenza e avvicinamento e, insieme, rimozione e allontanamento, come si evince da alcune delle chiuse in corsivo: «quand’è domani?» (p.24); «in-between-ness» (p.25); «solo qualcuno riesce a passare» (p.33).
Ho usato il termine percezione, ma più che percepire un confine il soggetto esperisce un confinamento come condizione naturale: la «frontiera che sembrava di aver oltrepassato/ma proseguendo sorgono altri/muri:/contenimento, controllo, registrazione» (p.33) diventa un’immagine della «vita in sé», della «storia» (p.32), specie quando «si oltrepassano alcuni paesi senza storia. Tra l’uno e l’altro il deserto». (p.31). La consapevolezza di una simile condizione si traduce nell’illeggibilità degli altri, «… l’estraneo era il nemico (colui che apparteneva a un’altra città/e venerava altri dei)» (p.51), nella propria solitudine, definita come «un labirinto, un buco nero. Quando si è abituati a stare soli-come si è» (p.55): il tema del labirinto è peraltro portante nella quarta e ultima sezione, intitolata “Arianna”, «Saggia o folle» (p.53).
Il titolo tradisce la valenza epistemologica che l’autrice attribuisce alla scrittura, anche quando traduce: il coro a tre voci della terza sezione non si presenta come mera traduzione da Mandel’štam, Nabokov e Brodskij, ma come spostamento e significazione ulteriore a partire dall’originale, essendo la traduzione un’operazione di riscrittura, quindi di scrittura. L’autrice alterna poesie e brevi prose, il lessico accoglie termini ed espressioni che vanno dagli astratti «visione», «intervallo somma spazio e tempo», «rappresentazione», associazione», «concetto» ai più concreti «aereo», «albero», «autostrada, «libri e panchine», «polpo», «gioco dell’oca», la sintassi è prevalentemente ipotattica, nonostante sia frequente l’uso dell’elenco.
Al centro dell’indagine e della scrittura dell’autrice si collocano in definitiva la percezione, i processi cognitivi, la riflessione sul linguaggio: esistere fra due luoghi o punti nello spazio, stare al mondo equivale non tanto a collocarsi, ma a riconoscere la parzialità, la tensione prodotta da questa collocazione, il procedere per scarti, progressivi avvicinamenti, deviazioni labirintiche nel percorso. Sono tutti questi elementi insieme a rendere “La formazione delle immagini” un bel libro.
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Di seguito tre testi tratti dal libro.
*
Paragonando la visione
(prima/dopo)
l’intervallo somma spazio
e tempo –
segna il percorso
(proseguire in linea retta)
tra i due luoghi/lo
spazio compreso –
tra le due-parole
esitare –
esistere entro certi limiti.
(p.15)
*
in due luoghi
o
tra due luoghi
o
in nessuno
(movimento – non stato)
non
vedere/sapere
dove
in-between-ness
(p.25)
*1)
Esistono molti buoni
motivi per seguire un’indicazione e altret-
tanti per non farlo.
Per esempio:
un’indicazione può essere sbagliata (vista la velocità
con cui cambia il
paesaggio che ci circonda), inutile nel nostro
percorso o “manomessa”
(alterata nel significato).
Uno scarabocchio su un
cartello lo rende indecifrabile.
Il segno apposto sopra
prende il sopravvento facendo in modo
che ciò che era scritto
inizialmente non significhi più nulla e im-
ponendo il proprio
significato (se esiste).
L’autore considerava
inutile quell’indicazione e ha deciso di can-
cellarla con un segno
estraneo.
«… l’estraneo era il nemico (colui che
apparteneva a un’altra città
e venerava altri dei).
Si riconoscevano i propri simili dalla
postura, dagli atteggiamenti
o dal modo in cui si muovevano».
Dai segni comuni/convenzionali.
Sbagliare strada. qualcuno ti riporta a casa?
(p.51)
Ciao Marco . Off topic. Seguo sempre con attenzione questo blog per me punto di riferimento, vorrei sapere se sai indicarmi un sito, blog o forum (se esistono ancora) che segnali uscite di nuova narrativa specificamente americana , un pò come il vecchio Holden&company , forse lo ricordi. Grazie mille .
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