LONTANO LUNATICO
Spesso la logica del lettore è quella della scoperta, di nomi nuovi o di scrittori di cui si è sentito spesso parlare ma mai testati personalmente: questo è stato per me il caso di Ugo Cornia e di Quasi amore. Nonostante gli apprezzamenti per Cornia, non è stato un libro che mi ha convinto e pur breve ho fatto fatica a finirlo, ma se questo breve parere può dare un qualche valore aggiunto, allora è la sottolineatura di gusti e inclinazioni personali che a volte travalicano anche l'apertura che un lettore si propone di avere. Si prova a "scrostare" l'inevitabile strato di aspettative, idiosincrasie, gradimenti ma a volte non ci si riesce fino in fondo, o per nulla, come è stato il mio caso con questo libro.
Mi pare che la poetica di Cornia si situi da qualche parte tra i lunatici alla Celati e Cavazzoni e la svagatezza costruita di Paolo Nori. Tono colloquiale, calco di un parlato regionale con le relative (piccole) sgrammaticature, stupore stralunato, divagazioni, poca trama o comunque sottoposta a spinte centrifughe. Pur apprezzando qua e là qualche illuminazione di senso, le ottime ambientazioni urbanistico-geografiche, la coerenza dell'insieme, è un tipo di costruzione che non fa per me, e il fatto di non sapere spiegare in maniera stringente il perché, sottolinea la questione del gusto, come dicevo sopra. Cornia insomma è uno scrittore valido, che da me o per me non trova appigli e approcci, almeno con questo Quasi amore che comunque credo rappresentativo dei suoi modi.
Una curiosità a posteriori: credo che un altro scrittore relativamente giovane come Roberto Camurri abbia imparato qualcosa da Cornia, d'altra parte Reggio e Modena non sono molti distanti. Solo che a me piace di più Camurri.
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