UN CASO DI DESTINI
Con Il dio disarmato Andrea Pomella si distacca dall'ispirazione autobiografica degli ultimi libri e affronta un tema della storica recente, il rapimento di Aldo Moro, intraprendendo una sfida non facile e - lo dico subito - decisamente vinta.
Non facile perché come per altri eventi-icona della storia recente italiana (ne dico uno: Vermicino) questo avvenimento è - per chi lo ha vissuto anche solo da bambino - occupato e affollato di ricordi, suggestioni, ricostruzioni puntuali, inevitabili teorie del complotto, immagini vere e finzionali (la recente serie di Bellocchio, ad esempio) mentre per le generazioni più giovani posso pensare sia qualcosa di lontanissimo, sconosciuto, destinato alla staticità delle pagine di un libro di storia.
Pomella vince la sfida con un libro rigoroso e pudico, asciutto, preciso ma senza effettacci speciali e senza spazio alcuno per teorie alternative o pruderie della violenza.
Il romanzo è molto modernamente strutturato in brevi capitoli, nell'asse principale vengono ricostruiti pensieri e quotidianità di Moro - pagine molto belle, molto felici - alternandole a bozzetti storici e ad altre sezioni "a frammento" nuovamente autobiografiche e metanarrative. In effetti mi pare che la vera natura di questo libro sia la riflessione sul tempo e sul destino, su quegli attimi (di pensiero, di rivelazione, di pensato e non agito) che fungono da premessa a una svolta, o come accade qui, a una tragedia. D'altra parte, sono gli scrittori stessi che costruendo trame e sviluppi si occupano di tempo e destini, compiendo scelte - se vogliamo scelte di campo o scelte morali - a ogni svolta di trama, per ogni personaggio introdotto o fatto sparire. Moro va incontro al proprio destino (per noi, a posteriori, ormai ineluttabile) disarmato e quasi vittima sacrificale, e in queste pagine coincidono perfettamente, come potrebbe essere altrimenti, il Moro storico e il Moro protagonista del libro stesso. Questo sembra ovvio, ma è qui un effetto estetico di una costruzione attenta e molto bilanciata del libro, dove la figura del presidente viene fortemente umanizzata nei quadri di vita familiare e nella descrizione delle sue fragilità, a confronto con la sua statura e importanza politica, e in relazione alla disumanizzazione della lotta armata. É come dire che viene ritratto un protagonista-uomo, e non un'icona o un pretesto narrativo per una qualsiasi spettacolarizzazione della vicenda.
A romanzo concluso si apprezzano e risultato in qualche modo necessarie anche quelle mini-sezioni storiche o autofictionali che citavo prima, che inizialmente mi avevano un po' spiazzato. Il discorso complessivo ne rimane arricchito e mantiene comunque una forte coerenza. Ma al di là degli aspetti teorici, questo è un romanzo riuscito e ricco di tensione (una tensione trattenuta e, mi ripeto, pudica), scritto con chiarezza e lucidità, se vogliamo un contraltare "in minore" (va inteso in senso musicale) o "in adagio" a La città dei vivi di Lagioia, altro romanzo romano e storico (ma storia, anzi cronaca molto recente) tutto in maggiore o in presto/prestissimo.
Un romanzo molto consigliato e che apre secondo me per il Pomella scrittore una dimensione nuova e addirittura più alta, più appagante della precedente.
Voto: **** / 7+
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Informazioni sul libro
Andrea Pomella - Il dio disarmato
Ed. Einaudi 2022
248 pag.
Attualmente in commercio
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Glossario voti
Una stelletta: va beh (un raro libro brutto)
Due stellette: libro inutile e difettoso
Tre stellette: sufficiente...senza gloria
Quattro stellette: buono / consigliato
Cinque stellette: capolavoro
Bella recensione. Mi è piaciuto il paragone con La città dei vivi: un'immagine d'immediato effetto.
RispondiEliminaMi piace il tuo meccanismo delle stelline, lo adotterò anche io, Shanmei
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