MARE, SGUARDO, TERRA
Il cannocchiale del tenente Dumont di Marino Magliani è sicuramente un romanzo storico di ottima fattura, ma dietro questa crosta, queste forme, e dietro il tema portante dell'uso di hascisc da parte dei soldati francesi durante (e soprattutto dopo) la campagna d'Egitto napoleonica, si celano e poi si svelano - felicemente - altre nature e altri filoni narrativi che poi secondo me diventano di fatto la sostanza del romanzo.
Andiamo con ordine: la parte storica, il ritorno in Europa e poi la diserzione dei tre soldati francesi, man mano commentata dalle lettere del Dottor Zomer che segue da lontano i loro percorsi, mi pare fare da cornice o meglio da (ottimamente eseguito e documentato) contenitore per quello che con il procedere del romanzo diventa da una parte un inno all'amicizia virile, dall'altra un omaggio appassionato alla Liguria di Ponente, alla sua natura, alla sua lingua, alla sua gente, dall'altra ancora una riflessione sul "guardare" (forse anche sullo scrivere, sull'inventare) legata allo strumento del titolo. Il tema dell'hascisc, preponderante nella prima parte, viene man mano e in modo capace rimosso da queste nuove istanze, che donano al romanzo un tono avventuroso e struggente ma mai realmente disperato nonostante le vicende raccontante (una diserzione, insomma, non è una passeggiata - specie in una Liguria di rocce, poggi, scarpate, lavoro duro, dove il mare sembra non comparire mai, o nascondersi a bella posta).
La narrazione viene dislocata in capitoli brevi che assecondano un ritmo nervoso e frastagliato come le strade che i tre protagonisti sono costretti a percorrere. Un' atmosfera di diffusa nostalgia - per il mare? per la patria? per una pace possibile? - aiuta a solidarizzare coi personaggi e provare a comprenderne le motivazioni, su cui Magliani tiene a lungo e abilmente il riserbo.
Un romanzo bello e compiuto da un autore visibilmente a proprio agio con toni e registri diversi, magistrale nelle descrizioni geografico-paesaggistiche, un'operazione da una parte filologica ma che non si risolve assolutamente in esercizio di stile e anzi ci porta vicino ai protagonisti, dei "disperati" (o sognatori) nel senso migliore del termine, e a quella che forse è infine la protagonista vera, la terra di Liguria.
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