FIABA DI NATALE (alla Yehoshua)
La figlia unica di Abraham B. Yehoshua arriva al lettore portando con sé un ideale carico di aspettative, sentimenti e forse commozione. L' atmosfera da "ultimo romanzo" del grande scrittore israeliano è difficile da negare, da non percepire. Yehoshua è malato, e nelle ultime interviste appare sereno di fronte alla morte, anzi quasi ansioso di essere "lasciato andare" e raggiungere la moglie scomparsa da qualche anno
Il nuovo - breve - romanzo ha la particolarità di essere ambientato nel Nord-Italia (senza che vengano fatti nomi di città o regioni) e mi pare che prosegua e accentui una scelta di tono ieratico e anti-realista (ma attenzione: in un sostanziale quadro di ambientazione realista) presente da sempre nelle narrazioni dell'autore ma prevalente in particolare negli ultimi libri. Nella storia della ragazzina Rachele - figlia unica di una famiglia facoltosa di ebrei italiani - e nelle sue vicende che si svolgono in pochi giorni a cavallo di Natale e Capodanno, avanti e indietro per le strade dell'Italia settentrionale, si potrebbe addirittura leggere una parabola o la versione-Yehoshua di una fiaba natalizia. Il trattamento di Rachele - e subito vi dico che è un personaggio amabile, riuscito, spesso commovente - ha in effetti toni fiabeschi, la ragazzina raduna in sé una disarmante ingenuità e un'altrettanto spiazzante saggezza, una figura quasi "salvifica" che ha il compito di portarci con levità nelle questioni (invero di una certa portata) del romanzo: religione, famiglia, discendenza, razza, morte. Non esiste neppure un personaggio negativo nel libro e questo accentua le impressioni che riportavo sopra, ma ciò non significa che non esistano situazioni problematiche o frizioni ma a Yehoshua preme implementare una sorta di dialettica dell'insegnamento e della speranza, attraverso le interazioni con gli altri caratteri Rachele "cresce" e comprende, ma con la sua natura innocente ha la capacità di illuminare e smagare anche azioni e parole di chi gli sta attorno (e qui le pagine più belle mi sembrano comunque quelle dedicate al rapporto e ai dialoghi col padre).
In questo contesto non mi pare un caso - non lo è - che nel libro giochi un ruolo importante il Libro Cuore che in grande misura si propone(va) di contenere messaggi edificanti, che pure nascevano da situazioni critiche e problematiche, a loro volta in larga misura sviluppate all'interno del microcosmo-famiglia o di quello scolastico. Abbandonate i timori: l'uso che viene fatto del libro di De Amicis è funzionale al disegno di questo romanzo, affettuoso, per nulla stucchevole e ampiamente riuscito.
In conclusione, se Yehoshua si sta apprestando ad andare e lasciarci - io spero ovviamente di no - lo sta facendo con un libro lieve ma non banale, eseguito alla perfezione, allusivo (una caratteristica tipicamente yehoshuana) e "plastico" (nei dialoghi, nelle fisionomie fisiche), pur nella consueta economia di mezzi, rinunciando a orpelli e barocchismi. E se si accettano le premesse (ci piacciono ancora le fiabe? siamo disposti a sospendere per un paio d'ore l' incredulità e accettare Rachele così com'è, senza confrontarla con una sua possibile versione realista-smart?) penso che La figlia unica possa colpire, avvincere e addirittura commuovere i lettori. E se sarà il passo d'addio (in realtà lui dice, pragmaticamente, che sta lavorando al seguito e spera di finirlo), sarà stato grandemente degno dello scrittore che Yehoshua è stato. Dello scrittore che Yehoshua è.
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Informazioni sul libro
Abraham B. Yehoshua - La figlia unica
168 pagine
Traduzione di Alessandra Shomroni
Einaudi 2021
Attualmente in commercio
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