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RECENSIREPOESIA. ANTINISKA POZZI - UN NOME DI STREGA

UNA CREPA DI VUOTO


Recensione di Valentina Murrocu


Antiniska Pozzi è autrice del romanzo “Dove vanno le iguane quando piove” (Cabila, 2009), del monologo teatrale “L’insalata di pomodori” in “Per voce sola” (Nerosubianco, 2008) e della raccolta di poesie “Amavo (una volta) un comunista” (Lietocolle, 2018); la sua ultima raccolta poetica si intitola “Un nome di strega” (peQuod, 2021).

La prima sensazione avvertita dal lettore della raccolta assomiglia, senza dubbio, allo spaesamento, quando non alla nausea, sia perché la regressione, oltrepassando l’infanzia, riconduce a quella «crepa di vuoto» che caratterizza la visione dell’origine («era triste senza un limite di tristezza, felice oltre la soglia del ragionevole. Era una lama, quell’ago incerto tra due poli, una lama nella carne dei giorni.»; «io che ti spiegavo il significato/l’antico lignaggio/di quella (parola)/desolazione»; «Tu parli da un luogo/ di cui non conosco/l’origine, il fine/avere un volto sognarne tanti/stare lì, saperlo fare»), sia per via del portato tragico e, per questo, universale del libro («Forse eliminava i coltelli perché l’avrebbe uccisa così, con una lama, e non voleva farlo»; «ti rispondo che spesso il pomeriggio/l’ho passato a uccidere le vespe/che avevan fatto casa nel mio vuoto»; «Quella non sono/quella che credi/la notte ricordo e accarezzo/i coltelli nella mezza estate/il vuoto rapace»).

Il soggetto-che-dice-io nei testi è fratturato e precario, come vinto dal pensiero, indubbiamente ossessivo, del ricordo come oblio, della morte in quanto nascita, («il tuo esistere per interposto ricordo/forse sono io/la gamba che ti amputarono»; «Ti porto dentro i fianchi/sul giusto discrimine/tra l’insistenza e l’oblio/mi lasci un ingombro polveroso»), come se il «sonno» e l’«assenza» dei quali parla l’autrice fossero (anche) segno di una indicibilità, della mancata comunicazione con l’altro («eri un tu che spariva/inaffrontabile»; «i padri non capivano/capitavano per caso/come pesci nuotava/il dolore»; «poi il fico spinato ci guardava/senza dire».) Allora, l’insistenza della poetessa sulla maternità, oltre che su alcuni rituali (primo fra tutti, quello contro il malocchio), permette di sondare una dimensione arcaica («Gli spiriti le restavano intorno fiutavano la paura camminavano con lei non entravano, quel corpo era una bilancia tarata male»; «Persefone mi respirava/sul collo/mi diceva “non avresti dovuto”») della quale esiste indubbiamente traccia nell’inconscio collettivo, conducendo il lettore al di là della «gretta anatomia», dei meri vincoli di sangue: «di tutto quel cinema ci è rimasto/l’aggettivo “disfunzionale”»; «poi di notte quando le vespe/smettono di pungere/hanno paura/i desideri».

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Informazioni sul libro

Antiniska Pozzi - Un nome di strega
66 pagine
Pequod 2021
Attualmente in commercio

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Valentina Murrocu (1992) è laureata in Storia e Filosofia presso l’Università degli Studi di Siena. La sua raccolta poetica d’esordio, “La vita così com’è” (Marco Saya Edizioni, 2018) è stata segnalata al 33° “Premio di poesia e prosa Lorenzo Montano”, edizione 2019. Ha vinto la II edizione del “Premio Letterario Nazionale Gianmario Lucini” per l’inedito. Suoi testi inediti sono apparsi su Nuovi Argomenti, partage du sensible e Poesia del Nostro Tempo. Collabora con Poesia del Nostro Tempo e Recensireil mondo.

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