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LIBRI E RECENSIONI. CHRISTIAN FRASCELLA - IL PANICO QUOTIDIANO

PASSIONE DI CHRI


Recensione di Marta Aiello

Di cosa succede se improvvisamente, mentre viviamo una vita che ci siamo aggiustata alla bell’e meglio, lavoro, casa, una fidanzata, i colleghi, il gruppetto degli amici, improvvisamente qualcosa dentro di noi accende la miccia dell’ordigno che ci portiamo dentro, quel passato che non devi toccare, la bomba sempre innescata e pronta ad esplodere che teniamo in cantina. Scordata. Nascosta. Agli altri ma innanzitutto a noi stessi: Il panico quotidiano parla di questo, della storia di Chri, Christian Frascella certo, ma piuttosto un Cristo come tanti, perché questo romanzo è in buona sostanza il racconto di una via crucis che, stazione dopo stazione, ci vede testimoni e compagni di una passione, di un calvario vero e proprio. Chri è un operaio stritolato dentro la catena di montaggio di una grande industria, la Fiat di Torino in questo caso, che improvvisamente ha un attacco di panico. Ne seguiranno altri e altri ancora che ci inchioderanno sulla pagina ogni volta fra sgomento e impotenza, portandoci dentro la vita di Chri d’un tratto spezzata dalle crisi che si scatenano senza una causa diretta e in momenti qualunque della giornata, sul lavoro o per strada, in un negozio o poco prima di fare l’amore. Una catabasi progressiva e senza scampo, fatta di amici che gli voltano le spalle, colleghi sfottenti, la vergogna di non farcela, il tradimento del corpo che non risponde più agli stimoli esterni perché è intossicato dai farmaci, capouffici che lo umiliano, medici di mezza tacca e, peggio di tutto, una fidanzata innamorata e dedita che non sfugge al rischio dell’amore quando si fa consorzio di vite e diventa quotidianità rassicurante ma stracca (‘Provavamo una sorta di compassione spaventata, ma non troppo, l’uno per l’altra, ci muovevamo in cerchio come lottatori prima di abbrancarsi senza però alcuna intenzione di attaccarci. Litigare era facile, talmente facile che non ce lo permettevamo. Eravamo solidi di una solidità da castello medievale - una coppia collaudata, lentamente votata allo sgretolio, alla morte per sopportazione.’)

Nemmeno Lucia salva Chri. Difficile farlo, quando si è cresciuti senza un pane quotidiano d’amore, se si hanno infanzie da dimenticare perché si è stati dimenticati. A casa o in un garage, per intere giornate, da famiglie assenti. Difficile salvarsi se si è cresciuti in un deserto d’affetti e non si è stati protetti dall’abuso del male a cui si è stati esposti come in croce, senza cura, senza tutele. Non essere visti, niente ci fa più male. C’è dunque un momento della vita di Chri in cui tutto quel rimosso riemerge malgrado ogni tentativo pietoso di scacciarne i fantasmi, si slatentizza e lo divora ma un morso alla volta, crisi di panico dopo crisi di panico, senza mollarlo più e però senza finirlo mai (‘La crisi. L'ansia divorante. Si era acquattata dentro di me per qualche ora, a preparare l'attacco: e adesso aveva di nuovo fame. Voleva ricominciare a mangiarmi. Un paio di morsi per assaggiarmi, all'inizio. E poi fauci spalancate, per azzannarmi in un unico boccone. Io ero diventato il suo pasto quotidiano. Tre volte al giorno, più qualche spuntino.’)

Solo alla fine del romanzo, quando una coppia di amici annuncerà con la felice commozione di questi frangenti, l’imminente arrivo di un figlio, d’un tratto la sintesi gli appare chiara, il male subito risale dalla zona oscura del passato e del non-detto al livello della coscienza, deflagrando. E non a caso questo accade proprio in quel momento, quando cioè Chri avverte seppure indirettamente il passaggio dalla condizione dell’essere figlio alla genitorialità che impone un ripensamento del ruolo e ridiscute la responsabilità del bene e del male, dell’educazione alla felicità o al dolore che segna il destino dei figli. Solo in quel momento, Chri verbalizza il suo trauma con la sintassi fluviale di chi ha troppo a lungo trattenuto tutto l’indicibile che ora sgorga in una ricostruzione precisa, in scene che più ancora del raccapriccio, comunicano la sconfinata solitudine di un bambino abbandonato agli eventi, di un’infanzia senza amore. 

Una questione privata mica tanto però, perché quella di Chri diventa la storia dell’intera classe operaia abusata dal potere che non ne riconosce l’umanità, il vissuto personale, che non vede la difficoltà di chi d’un tratto si ammala e non riceve adeguate tutele (‘Se la ricordavano, ogni tanto, la classe operaia? Dai tigì, dalle trasmissioni televisive, persino dai giornali, i metalmeccanici parevano scomparsi. E i siderurgici. E i metallurgici. I minerari. I tessili. Quelli chimici e petrolchimici. Quelli nei cantieri navali. Un sottopaese che lavorava per stipendi di fame, milioni di individui, uomini e donne, giovani e vecchi, una classe operaia che in paradiso non ci sarebbe più andata. E io ero quella cosa, un operaio, una tuta blu, una formica trascurabile.’)

Sul doppio binario di una vicenda personale e collettiva si coniuga quindi questo romanzo militante di Christian Frascella che ci mette dentro tutta la foga dell’autenticità e sa esprimersi con voce autoriale e personalissima, con uno stile che ci arriva al cuore continuamente nella sua ricerca precisa di accenti d’ira e affondi memoriali che, nonostante tutto, mantengono ancora capacità di sogno e bellezza (‘Pensavo al prato della mia infanzia, alle campanule gonfiate dal vento, alle api ondivaghe che succhiavano nettare dalle malve. Scivolavo in una concentrazione obbligata che pretendeva di essere sonno, e poi sogno’), trovando esattezza di ritmi calibratissimi, un’onda che sale gigantesca e si inabissa continuamente e ci trascina senza mollarci nemmeno per un momento. Chri viene da Mappano, qualcosa che prima era un paese di terreni e prati e orti e che per quel processo fagocitario delle grandi città industrializzate che via via inglobano territorio e macinano piccole comunità, presto si fa periferia anonima e deserta di ex allevatori ed ex contadini, braccia rubate all’agricoltura, che abbandonano le campagne e si trasferiscono nella metropoli dove, illusi di poter aspirare ad un riscatto sociale senza passare per quello culturale, finiscono per svendersi ai padroni del mercato e per offrire tutto di sé a quelle logiche d’alienazione, a pagarla col cancro ai polmoni. Così conosciamo Tonino detto Sissignuri ex operaio in pensione, icona del bravo lavoratore il cui corpo avvelenato e la cui dignità calpestata ci appaiono il frutto malato di una visione schiavile del lavoro che non contempla neppure la possibilità della rivendicazione sindacale, che subisce l’ingiustizia del potere fino alla fine. Non prima però d’aver tentato di rifare tutto il percorso all’incontrario e di rifiutare, per quanto inconsapevolmente, il sistema tornando all’agricoltura e alla terra per impiantare un orto nella sua povera casa urbana. Un orto che è come un polmone verde e sano, una sproporzionata e patetica rocca di resistenza, enclave ricavata dentro i complessi di case della speculazione edilizia dove la logica della terra, madre affettiva che nutre in uno scambio osmotico d’amore, si fa baluardo contro la matrigna industria che ammala i suoi figli. Che non li vede (‘lo invidiai, per quell’amore che dava e riceveva. Uno scambio puro. Ti darò quello che tu darai a me’). Nessuna retorica in questo ritorno alla terra che comunque non risparmia Tonino, non salva Chri, non preserva il suo amore per Lucia. In sottofondo, lungo tutto il romanzo, ci accompagna la consapevolezza che il protagonista si è smarcato dalla povertà culturale della famiglia d’origine rifugiandosi fra film e libri, cercando interlocutori, e che lui stesso ha nel cassetto un romanzo che deve finire. Non serve spiegare in che cosa consiste se non proprio la salvezza quantomeno l’unica luce possibile in fondo al tunnel. Se non nella vita insomma, almeno nella sua narrazione.

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Informazioni sul libro
Christian Frascella - Il panico quotidiano
Ed. Einaudi 2013
208 pag.
Attualmente in commercio

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Marta Aiello si è occupata di critica letteraria comparata italo-francese per conto dell’Université de Lorraine e attualmente insegna letteratura italiana e latina al liceo. Nel 2019 ha pubblicato il saggio La verità plurale: itinerario spirituale di Gesualdo Bufalino, in dialogo coi Francesi, ed. ARACNE; a Settembre 2020 è uscita la sua raccolta di racconti Stranieri a casa loro, Robin edizioni.

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