LA SAPIENZA DEI GENI
Ho avuto la ventura, la sorte, forse la fortuna di leggere le Lettere a un giovane poeta di Rainer Marie Rilke in età matura. Lo sottolineo perché credo invece che sia uno dei classici delle età di formazione, uno di quei piccoli libri preziosi che rimangono a lungo nello scaffale e nel cuore dopo esservici immersi con spirito aperto e romantico, con animo ancora disposto a farsi influenzare, in termini moderni e un po' tecnologici direi a farsi sovrascrivere (dai maestri, dai modelli letterari, dai bei libri, dalla poesia).
Questo classico, come spesso succede coi classici, regge bene anche a una lettura forse tardiva. A parte la scrittura preziosa di Rilke e la sua evidente partecipazione nel rispondere al giovane (a quei tempi aspirante) poeta Kappus, mi pare che il libro trovi una sua forma, una sua potente ragione di esistere nell'essere una sorta di insegnamento di vita (da artista, ma non solo). Rilke si rivolge al Kappus ragazzo in procinto di diventare uomo e nella fase critica della sua formazione e nei suoi consigli segue soprattutto due direttrici: quella di indicare una via all'arte (ma, di nuovo lo sottolineo, anche e soprattutto alla vita) che sia diversa da quella convenzionale e mondana, delle professioni, delle consorterie, delle coazioni a ripetere (schemi conosciuti e di successo ma di breve respiro), e quella, degna di una moderna terapia comportamentale, di accompagnare Kappus nell'accettazione dei propri lati grigi e malinconici, nella valorizzazione - per esempio - della solitudine (la solitudine creativa) come modo di far sedimentare gli impicci e gli ostacoli posti dal proprio temperamento raggiungendo poi gli stati successivi della propria maturazione, come poeta (forse), ma soprattutto come uomo.
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