L' INESPUGNABILITÀ DEL TOTALMENTE SOLO
Recensione di Valentina Murrocu
Laura Liberale è scrittrice, indologa e tanatologa; ha pubblicato, tra gli altri libri, “Sari – poesie per la figlia” (d’If, 2009), “Ballabile Terreo” (d’If, 2011), “La disponibilità della nostra carne” (Oèdipus, 2017); la sua ultima raccolta di poesie, “Unità stratigrafiche” è uscita nel 2020 per Arcipelago Itaca, all’interno della collana Lacustrine, diretta da Renata Morresi.
Uno dei tratti che ho maggiormente apprezzato della raccolta è la sensazione di continuo spaesamento (quando non subentra lo straniamento) che i testi provocano nel lettore, per almeno due ragioni. In primo luogo, l’io che traspare dalle poesie è frammentato e, mi pare, andrebbe considerato nella sua totalità come collezione di soggetti più che come soggetto, come se l’autrice desse voce, facendo prendere loro la parola, a una pluralità di soggetti i contorni dei quali non sono definiti («era dolore nel dolore di un altro/che finalmente sentiva di non essere più l’Altro»), come ci fosse un’interscambiabilità degli stessi. In secondo luogo, la Tanatoestetica, termine che dà peraltro il titolo alla prima sezione del libro, questa estetica della morte che attraversa le sezioni della raccolta, accompagna il lettore in una zona liminale popolata da «esseri metaforici» («sotto la nuca la signora S. ha un ceppo/ signora S. che si tende come un butto dal legno»; «al signor T. è un momento immaginare/di togliere il completo blu di Prussia») esseri cui pertiene la vita solo per omonimia («pensare di chiamarla la “non più mano” /per la definitiva cessazione funzionale») e che pure comunicano qualcosa ai vivi, «perché non desistano dal tornare sui loro passi/nella nostra direzione»: «pare che i morti entrino nella mano dei vivi/per scrivere a precipizio i loro testi/ sempre gli stessi contenuti: /il senza tempo, ricongiungersi, l’estinzione del dolore»
Allora, la descrizione di questi corpi dei defunti («il globo oculare ha un colore ottuso che non riconosciamo/qualcosa che vorremmo affondare sotto il peso di due monete»; «i piedi li diresti di una bambola»), accompagnata dal rituale della vestizione e del trucco («alla signora S. stendiamo sulle unghie/lo smalto rosa a coprire il vecchio rosso smangiato»), diventa occasione di riflessione filosofica sul destino biologico del vivente, la morte, quella «inespugnabilità/ del totalmente solo» («il mio è il rumore cavo della disaggregazione/e vi assicuro che non è bello da sentire»; «i morti potrebbero crivellarci/ma si limitano, parmenidei, ad associarsi/ alla perfezione di minute sfere»; «dividersi e accrescersi dividersi e accrescersi dividersi e/accrescersi»). Ed in questa zona di confine nella quale l’autrice ci conduce che è possibile colmare «la distanza tra un corpo vivo e un corpo morto», avere la percezione del proprio corpo e del corpo degli altri e, infine, «essere due corpi/uno che abbraccia l’altro che muore», allontanando e in qualche modo esorcizzando la paura: «come accompagnare d’altronde l’infanzia nel sonno/se non con le parole più immediate contro il buio?»
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Informazioni sul libro
Laura Liberale - Unità Stratigrafiche
Ed. Arcipelago Itaca 2020
92 pag.
Attualmente in commercio
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