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RECENSIREPOESIA. FRANCESCA SANTUCCI - LA CASA E FUORI

QUESTA CELLULA DI AFFETTI TERRIBILI




Recensione di Valentina Murrocu

“La casa e fuori” costituisce l’esordio della giovane poetessa Francesca Santucci: il libro, edito da Lietocolle, è uscito nel 2019 per la collana Gialla-Pordenonelegge.

Ciò che in primo luogo colpisce il lettore della raccolta è il fatto che i testi risultano come attraversati da uno “sfalsamento” tra atto percettivo e atto nominativo. Sembra, infatti, che la restituzione verbale delle impressioni sensibili non combaci con quanto il soggetto percepisce. Scrive l’autrice: «lo so perché l’ho vista camminare dentro le finestre, si è spogliata, si è messa davanti allo specchio, si è guardata per qualche secondo, si è chiusa nella cabina di plastica.»; «(la mano all’orecchio, lo sguardo oltre il vetro): /acquisire i tuoi atti, sottrarti/i miei. La casa è tutta deserta: tu mi chiami/io lo vedo che mi vuoi parlare»; «qualcuno è solo sceso/per guardare corpi vestiti stare in piedi, scrutarsi da lontano, /e poi in mezzo a noi passano i treni». Questo filtro che il soggetto pone tra sé e la parola scritta sembra necessario e funzionale all’atto del prendere la parola: un filtro, dunque, una membrana che medi e regoli gli scambi con il mondo esterno, specialmente nei rapporti con gli altri («entro in questa cellula/di affetti terribili, la attraverso, esco fuori.»; «inspessire la membrana/che non le consenta mai di salire le scale o/perché non si senta più per tutta la notte/quella sua voce piccola di pianta»). All’interno dei testi che compongono il libro, la stessa funzione di mediazione sembra essere svolta dal corpo, quasi non fosse possibile una separazione netta tra io e mondo: «la prepotenza con cui/occupa lo spazio nel mondo il mio corpo»; «Lo spazio non è che un sentimento molto forte di nostalgia/e sorveglianza del corpo».

Il soggetto sembra attraversato da una faglia che, talvolta, il gesto di riguardo e cura verso le persone o gli oggetti della quotidianità riesce a colmare in parte o, al contrario, questa mancanza pare amplificata dal dolore, dalla reazione dell’io a questo male oscuro e indicibile che attraversa le sezioni della raccolta: «le cose intorno a noi sono di vetro e gentili, /e se non hanno cura di me/è perché un poco le spaventi»; «(sono molto triste), sono molto triste e allora lo getto nell’indifferenziata, il tulipano morto la terra il vaso e tutto, perché è quello che faccio se sono triste: scaravento»; «Quando non respiro/è perché sento questa rabbia così grande/che dentro ci ho fatto come una casa». Tuttavia, chi dice io nel testo non giunge mai alla frammentazione o al nichilismo estremo, come mostra non solo la visione del mondo che traspare dai testi («Dietro ogni azione che compie riconosce/il segno dell’educazione acquisita/il senso binario/del bene e del male, la matrice in cui ha riposato/per molti anni»), ma anche la scelta lessicale, la restituzione dei dettagli della percezione, la loro resa in versi, versi influenzati, in primo luogo, dalla scrittura di Guido Mazzoni e Stefano Dal Bianco: «È tutto un poco strano: i nomi di città, /gli adesivi sopra il muro, e altro ancora»; «È senza premura che avvio il getto della doccia, /passo il pettine tra i capelli e dove c’è il nodo/tiro giù forte, stringo i sandali alle caviglie/fino all’ultimo buco».

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Informazioni sul libro

Francesca Santucci - La casa e fuori
35 pagine
Editore Lietocolle, collana Pordenonelegge
Attualmente in commercio

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Valentina Murrocu (1992) è laureata magistrale in Storia e Filosofia presso l’Università degli Studi di Siena. Nel 2018 è uscita la sua opera prima di poesia, “La vita così com’è”, per le Marco Saya Edizioni.Suoi testi inediti sono apparsi su Poesia del Nostro Tempo, Mediumpoesia e Nuovi Argomenti.

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