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Recensione di Valentina Murrocu
La plaquette “Combinatoria” è l’ultimo libro di Claudio Salvi, poeta e fotografo, già autore di “Album” (Arcipelago Itaca, 2016) oltre che di testi apparsi su Nazione Indiana, Vibrisse, GAMMM e Piazzaemezza.
Il superamento dell’opposizione, a mio avviso obsoleta, tra lirica e prosa, colloca il libro nel solco della poesia di ricerca, per almeno due ragioni: in primo luogo, l’autore applica sistematicamente il principio del montaggio o collage, già caro alla Neoavanguardia negli anni Sessanta; in secondo luogo (e in un certo senso il primo punto include il secondo), Salvi reitera la medesima scena-madre, tratta dalla quotidianità, nella trama dei versi. L’autore compie un’operazione e una scelta di poetica che si fonda sull’introduzione di minime variazioni e la ricombinazione delle stesse (di qui il titolo “Combinatoria”): ne deriva un verso continuamente fratturato anche per l’utilizzo del punto fermo, seguito dalla lettera minuscola («nuvoloso presto. non è piovuto. /non piovoso. andiamo in giardino. /non piovoso. sono in giardino.»; «siamo in camera. mi giro a destra. /in un ambiente. / sono in camera. mi giro in angolo. /siamo in camera. mi giro.»).
Il soggetto che dice io nel testo è molteplice, frammentato, quando non sfalsato («sono il terzo. mi giro indietro.»; «suono io il piano.»; «guardo io/fuori.»; «inquadra lei la camera.») e i quadri che l’autore ci presenta amplificano una realtà cruda, instabile, precaria, che procede per sottrazioni o somme di frammenti («piove. due si picchiano. andiamo a casa. si picchiano. piove.»; «si danno cazzotti. faccio delle foto. ce ne andiamo. /dietro gli spinge la testa sul muro. una vecchia con il sacchetto in testa lo spinge sulla schiena. grida.»), dal momento che lo sguardo del soggetto è esso stesso fratturato, sfasciato, robotico come lo è il verso: ciò genera nel lettore, come fa la buona poesia, un senso di nausea, vertigine, spaesamento. Infine, la riproposizione a oltranza della stessa scena nelle sue sfaccettature e sotto molteplici punti di vista permette all'autore di mettere in rilievo l’insignificanza dei gesti o la loro risignificazione, non consolatoria, dal punto di vista estetico, ma anche e soprattutto quel procedere nella vita e nella scrittura per sovrapposizioni e cuciture: «andiamo in giardino. /è in giardino. prendo la borsa. /filmo io. è in giardino. /io filmo. è in giardino con i ragazzi. /io filmo. lei si gira.»; «siamo in camera. ci sono due persone. passo dietro una televisione. in fondo uno canta. porto qualcosa. non so cos'è. sono seduti su sedie.»; «siamo in camera. /noi andiamo. è brutto. prendo la macchina. /è brutto. prendo la macchina.»
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Informazioni sul libro
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Valentina Murrocu (1992) è laureata magistrale in Storia e Filosofia presso l’Università degli Studi di Siena. Nel 2018 è uscita la sua opera prima di poesia, “La vita così com’è”, per le Marco Saya Edizioni.Suoi testi inediti sono apparsi su Poesia del Nostro Tempo, Mediumpoesia e Nuovi Argomenti.
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