SOUTHERN VIOLENCE
Lo sport dei re di C.E. Morgan è uscito qualche anno fa, accompagnato da un'aura da capolavoro senza tempo o da Grande Romanzo Americano. È stato finalista del Premio Pulitzer per la Fiction nel 2017 ed è il secondo lavoro in 12 anni (dall'esordio del 2009 con Tutti i viventi, in Italia sempre per Einaudi) di un' autrice che evidentemente condivide la filosofia di Donna Tartt: pubblicare poco e dedicarsi a progetti importanti e corposi, come questo libro infatti è.
Si può immaginare l'euforia di chi apprezza il romanzo americano del sud, con un ovvio precursore in Faulkner e con epigoni contemporanei come (per esempio) Philipp Meyer e Jesmyn Ward. In effetti qui ci sono molti elementi del genere in questione: le ambientazioni, le dinamiche familiari (la famiglia come catalizzatore di conflitti, tare ereditarie, se non crimini e perversioni), il rapporto con la natura e - mi pare chiaro - il tema del razzismo.
Lo sport dei re contiene queste cose e molte altre, tanto da azzardare l'idea che si tratti di un romanzo composto di altri sotto-romanzi (ben miscelati tra di loro): una saga familiare, quella dei potenti Forge, famiglia di coltivatori e allevatori del Kentucky, una storia di formazione (tra l'altro davvero efficace, poteva essere un libro a parte e in sé molto riuscito) riguardante Allmon, lo stalliere nero della famiglia, e una vivace vicenda di equitazione, accurata dal punto di vista della ricostruzione tecnica e appassionante per ritmo e tensione "agonistica".
La Morgan immerge questo materiale in una bolla a-temporale fatta di stile prezioso e di pochi riferimenti all'attualità (seppure si comprenda che il presente della storia si svolge in tempi vicini ai nostri) di modo che il libro vive di una propria dimensione epica e mitica, anche e soprattutto nell'affrontare quello che è il tema cardinale del libro, ovvero l'oppressione e la violenza razziale e la maniera in cui essa è radicata nella cultura di questo sud, di queste famiglie, e il modo in cui le avvelena, ne sfigura e ne condiziona il presente e il futuro, creando e tramandando eredità e fardelli congeniti da cui è difficile - probabilmente impossibile - liberarsi.
In questo contesto spiccano i tre caratteri principali del libro, che duellano in una dimensione spesso quasi metafisica (la dimensione dei principi, quelli elevati e quelli ignobili - viene facile l'espressione larger than life) e spesso spiccatamente religiosa: Harry Forge, ultimo uomo della famiglia, la figlia Henrietta, ribelle ma più organica al modo di vivere del suo clan di quanto non possa apparire a prima vista, e il nero Allmon, mentre tra gli attori non protagonisti fa un indubbio effetto la figura del fantino-predicatore Reuben.
La Morgan procede per accumulazione e si tratta infatti di un romanzo davvero carico, la scrittrice accetta quasi tutte le sfide e quasi tutte le vince, accettando di perdere qualcosa dal punto di vista del ritmo e della tenuta strutturale e concedendosi un finale fin troppo simbolico, seppure senza dubbio immaginifico e suggestivo.
Lo sport dei re è infine un buon romanzo, a tratti ottimo, probabilmente (sicuramente) non il Grande Romanzo Americano ma decisamente riuscito nel suo riassumere e ravvivare gli archetipi sudisti e di portare avanti in parallelo un discorso realista (riportato con sublime precisione) e la tensione simbolico-metafisica (alla fine si parla del male, e della violenza, e di Dio, e della cattiveria congenita nell'uomo) di cui parlavo sopra. Una lettura sicuramente impegnativa, ma in qualche modo dovuta per un' autrice ancora relativamente giovane (non parlo di anagrafe, ma di produzione letteraria) e che sono certo continuerà a misurare le proprie ambizioni su sfide importanti come questa.
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Informazioni sul libro
C.E. Morgan - Lo sport dei re
Ed. Einaudi 2018
Traduzione di Giovanna Scocchera
584 pag.
Attualmente in commercio
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