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RECENSIREPOESIA. MARILENA RENDA - FATE MORGANE

È L'ISOLA







Recensione di Valentina Murrocu

Marilena Renda, poetessa, insegnante e traduttrice dall’inglese e dal francese, ha pubblicato, tra gli altri libri, “Ruggine” (dot.com press, 2012), “Arrenditi Dorothy” (L’orma, 2015), “La sottrazione” (Transeuropa, 2015) e Regali ai fantasmi (Mesogea, 2017); il suo ultimo libro, “Fate Morgane” è uscito nel 2020 per L’Arcolaio, all’interno della collana Φ, diretta da Gianluca D’Andrea e Diego Conticello.

Lo spazio e il paesaggio di una Sicilia immaginata e reinventata («ci sono luoghi che non sono come appaiono, /come isole che compaiono all’improvviso/e spariscono dopo una settimana, /terreno per fate morgane e inganni perfetti.») sono abitati dal continuo dolore, insieme privato e collettivo, del soggetto («Gli organi hanno sanguinato ma non troppo, /la città è una prova che nessun amante ha mai superato, /per questo ha assorbito tutto quel sangue senza un lamento», il quale oscilla tra un tenere «per sé la visione, scovata o no per caso», immedesimandosi nei passanti che hanno visitato quella terra e un comunicare lo spaesamento che prova a essere diviso e lacerato come tra permanenza e ritorno, frammentazione propria di chi ha abitato la dimensione dell’isola: «Non sa se dimenticare o ricordare»; «come venendo da un paese straniero/senza trovare forestieri che non sanno»; «Più di ogni altra isola/questa appartiene ai morti, e i morti raccomandano prudenza». L’autrice, allora, inserisce nella versificazione (che tende alla prosa) il risultato di quello scaricamento in immagini apollinee della tensione continua tra stasi e movimento, tra permanenza e viaggio, per la quale l’io avverte, talvolta, un senso di colpa o di rimorso: «mentre io ricordo la promessa/a cui non ho prestato orecchio/e che certamente si vendicherà».

Non si tratta, tuttavia, di un io ipertrofico e ripiegato su se stesso, ma di un soggetto aperto agli altri, condensati nelle potenti immagini della madre e della figlia («Le madri sono buone, buone come la terra»; «partorirò un mostro perfetto, /già senza pregi, che mi guardi/con l’odio della creatura/che prometto di ricambiare»); un soggetto che trasfigura la visione dei logoi originari e, dunque, il mistero dell’origine della terra che ha abitato e che abita col ricordo in una serie di miti, nel momento in cui prende la parola: «Qualcuno addirittura ha visto una mandragora e un bambino/abbracciati, intagliati nella stessa sostanza vegetale, /seppelliti nella simbiosi e perduti agli sguardi.»; «e poi che trovò il figlio-pianta sul punto della morte, /gli si abbracciò dimenticandosi tutta l’altra vita». Una totale adesione al reale di un mondo «che fa le prove di un altro mondo», allora, l’atto del nominare «tutta la violenza al centro di questo amore»: «Mio padre coltiva la leggenda dei mafiosi di una volta, /che aiutavano le ragazze a rompere i fidanzamenti/e i paralitici ad ottenere le sedie a rotelle»; «sapete, abbiamo un discorso in privato, noi, /una conversazione antica in cui ogni volta mi dice/che vorrebbe sprofondare agli occhi del mondo, /con tutte le sue macerie, con le sue crepe, all’infinito, /nella ferita del tempo, e io gli do ragione».

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Informazioni sul libro

Marilena Renda - Fate Morgane
Ed. L'Arcolaio 2020
53 pag.
Attualmente in commercio

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Valentina Murrocu (1992) è laureata magistrale in Storia e Filosofia presso l’Università degli Studi di Siena. Nel 2018 è uscita la sua opera prima di poesia, “La vita così com’è”, per le Marco Saya Edizioni.Suoi testi inediti sono apparsi su Poesia del Nostro Tempo, Mediumpoesia e Nuovi Argomenti.

 


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