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RECENSIRE POESIA - MARCO GIOVENALE - DELLE OSSERVAZIONI

DALL'ALTRA PARTE DEL FOTOGRAMMA





Recensione di Valentina Murrocu

Già autore, tra gli altri libri, di “Shelter” (Donzelli, 2010), “Quasi Tutti” (Polimata, 2010, poi Miraggi, 2018),” Maniera nera” (Aragno, 2015), “Le carte della casa” (Edizioni Volatili, 2020) e “La gente non sa cosa si perde” (Tic Edizioni, 2021), Marco Giovenale ha fondato ed è redattore di gammm.org; la sua ultima raccolta, “Delle osservazioni” è uscita a marzo 2021 per Blonk Editore.

Come spiega l’autore nella nota conclusiva al libro, quest’ultimo nasce come selezione/sequenza di poesie precedenti, tratte soprattutto da Criterio dei vetri (Oèdipus, 2007) e Storia dei minuti (Transeuropa, 2010) e, tuttavia, una riscrittura non corrisponde alla semplice somma di testi, per due motivi. In primo luogo, un tale processo (che si avvale del principio del montaggio, caro all’autore) risulta giustificato dai testi e dalla loro autonomia; in secondo luogo, è la tecnica del collage a rendere possibile la nuova veste assunta da quegli stessi testi, oltrepassandoli e risignificandoli («Il paesaggio/fa storia stesura, all’indietro/all’inverso, pagina-vetro. /È una: varietà della scrittura. /Di questa. Rasura.»). La poesia che apre la raccolta («il luogo della scatola celeste/del cranio che presiede all’equilibrio/si chiama labirinto/ che intorno si organizzano le cose come stanno») sembra alludere a un secondo aspetto, ovvero, la natura labirintica del libro, il quale non offre un percorso lineare al lettore, costringendolo a tornare più volte sui testi per ritrovare la «scatola d’entrata», espressione utilizzata dall’autore in “La gente non sa cosa si perde” («quando uno ha trovato la scatola d’entrata è fatta perché/poi da lì tutte le altre differenze discendono e si trovano»).

Il soggetto della percezione risulta precario, instabile e frammentato («il cameriere coi denti sul guscio/dice la vita è fatta con la morte/bella scoperta»; «Poi l’ultimo è stato cruciale, /l’ultimo compratore - fa.»), così come quel «tetro puro dei dati» di realtà («Numero, tela, spugna. Voce/del paesaggio»; «i due ricci di ardesia/a fronte, la semiluna di specchio»; «L’acquata – a sciame contro alluminio/giù dal doppio tetto capovolto»; «Le piastre di basalto al largo»), come se lo spaesamento dell’io per il suo essere nel mondo e con gli altri avesse il suo doppio nella puntuale e ossessiva registrazione dei dati sensibili, dalla quale scaturisce una visione del mondo insieme lucida e disincantata («un dolore al centro»; «Sensazione come di incompletezza»; «il dramma dato»), oltre che inattuale. La restituzione verbale dei dati della percezione diventa, allora, veicolo di riflessione filosofica, nel momento in cui il soggetto prova ad attribuire senso a quell’io-mondo situandosi a margine della narrazione, «dall’altra parte del fotogramma»: il momento gnomico-percettivo riguarda, in primo luogo, l’individuo e il suo proprio destino («C’è una vita dopo la morte? /- è la canzone incapsulata/c’è ancora lavoro dopo la morte?»; «Quello stesso/destino è ferito da un terzo segno, non noto, non ha/fonte. minore-»), ma anche il rapporto del soggetto con la storia («Ma basta, è la storia dei minuti, /dei minimi»; «queste/cose: non poterne/vivere fuori/invece dovere, /vipere buone»). In ultimo, è per mezzo di questa insistenza ed «esattezza, poi/testarda» nella registrazione dei realia che emerge, con profondità di visione, quella che l’autore definisce «durata dell’enigma», la giustificazione, in primo luogo estetica, della realtà percepita dal soggetto: «gli amici mangiano/parlano a lungo distraendo a lungo/vedendo come è/diversa la luce illuminata – il latte/interno, l’osservazione osservata».

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Informazioni sul libro

Marco Giovenale - Delle osservazioni
Ed. Blonk 2021
41 pag.
Attualmente in commercio
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