AMICI, VI RICORDO
Durante la lettura di Due vite di Emanuele Trevi ho avuto qualche dubbio sul mio giudizio, sul mio apprezzamento del libro, ma i dubbi si sono dissolti spontaneamente alla fine rivelando una mia sostanziale ingenuità. Probabilmente nel mio parere non stava pesando tanto quello che ne pensavo in sé, ma le aspettative con cui lo stavo leggendo, da una parte il fatto che a due mesi circa dalla finale Due vite sia già stato eletto "vincitore morale" del Premio Strega, ovvero il libro che dovrebbe vincere al posto di quello di Teresa Ciabatti (che vincerà), dall'altra molte recensioni e altri pareri improntati a entusiasmo incondizionato, che insomma potrebbero far pensare di trovarsi di fronte a un capolavoro.
Ma non è giusto che nel giudizio finale su un libro pesino elementi esterni tanto caratterizzati, e ho deciso infine che Due vite è probabilmente in questo senso addirittura sfuggito di mano all'autore e all' editore, e in realtà nella sostanza - al netto di altri fattori e aspettative - è un breve libro di valore che assolve bene alla missione che si era probabilmente dato (che gli era stata data dall'autore), quella di un piccolo e affettuoso omaggio a due amici volati via. Le due vite sono infatti quelle di Rocco Carbone e Pia Pera, scrittori e sodali di Trevi, ripercorse in parallelo con qualche incrocio iniziale e se l'autore è presente (ovviamente) nel testo, lo è in funzione di quei due personaggi e amici, e non si arriva quindi mai o quasi mai a impostare un discorso nei termini di quel genere memoriale piuttosto di moda dove parlare di sé diventa un modo di affrontare (anche) grandi temi universali e/o a rendere il carattere che parla, di cui si racconta - se stessi - un tipo in grado di condurci attraverso mondo e realtà fornendo interpretazioni ampie o nuove o anche solo laterali.
Insomma, si tratta di Rocco e Pia, e non mancano considerazioni su letteratura, amicizia, morte, che però mi pare siano funzionali a quella intenzione e a quell'assetto che Trevi ha deciso di dare alla cose del libro. Che in questo senso, in questo suo impeto affettuoso e con questi suoi limiti direi di impostazione mi piace, incuriosisce per le figure (almeno per me) poco conosciute dei due protagonisti e soprattutto per l'affabulazione dell'autore, che tanto mi ricorda quella del Trevi relatore o conferenziere, a tratti alta ma spesso cordiale, divulgativa, giusta nell'equilibrio tra aneddoti, opinioni, voci, in una lingua pastosa che ondeggia tra la prosa d'arte (esagero ma era un parere di Carbone sul modo di scrivere di Trevi) e i modi franchi del parlato ("a me non mi").
Mi pare insomma che il modo migliore di godersi questo libro, peraltro breve, sia svestirsi di tutte le aspettative, dimenticarsi delle fascette e del Premio Strega, ricordare invece che probabilmente questo ritratto di mondo editoriale colpirà tanto più quanto più di quel mondo si fa parte (il che spiega probabilmente alcuni pareri entusiastici) e lasciarlo lavorare per quello che è. In questo senso, è un libro piccolo, piccolo nella concezione e nello svolgimento, piccolo e molto riuscito.
---------------------------------------------------
-----------------------------------------------------
Commenti
Posta un commento