PARLARE È INTERVENIRE
Il primo aspetto di questo libro che colpisce il lettore è il tentativo, indubbiamente riuscito, di superamento dell’opposizione lirica/prosa nonché delle classificazioni (penso, ad esempio, alle denominazioni di “poesia di ricerca” e “post-poesia”). E, in effetti, prose brevi e frammenti lirici coesistono e possono coesistere, anche all’interno dello stesso testo, in virtù di quel principio del montaggio, fatto proprio già dalla Neoavanguardia negli anni Sessanta. I versi, allora, risultano come estrapolati da un discorso più ampio e rimontati, talvolta in sequenze alogiche, altre volte in una sorta di flusso di coscienza accelerato. Il soggetto appare altrettanto frammentato, decostruito, oserei dire schizoide, («si aspetta diverso ma è proprio lo stesso e la situazione/ non cambierebbe se fosse diverso»; «Bisognerebbe smettere però non smettono perché/ vogliono arrivare alla fine»; «Senza capire che poi quando sono arrivati alla fine non/possono più cambiare nulla ed è tutto finito») come la visione del mondo che si ricava dai testi amplifica una realtà già instabile, precaria, quando non allucinata; precarietà che risiede, in primo luogo, nello sguardo del soggetto e si riflette nei rapporti tra attori sulla scena dell’io.
Tangibile risulta allora la portata di una simile operazione, quell’esplosione dell’io in una serie di quadri sfalsati, non «in sincrono», come scrive l’autore nella poesia che apre il libro. Benché al limite del surreale, i testi riescono, peraltro, a tenere insieme speculazione filosofica e biografia; nello specifico, oggetto della riflessione sono, in primo luogo, il linguaggio («È troppo tardi per intervenire, ma non per dire qualcosa. / Corinna si offende per delle inezie. /Arriva la cartolina dei debiti arretrati. /In fondo anche il linguaggio è qualcosa, parlare è /intervenire.») e lo statuto dell’io («Questo qui mi mette le parole in bocca/Parla al posto mio. Respira al posto mio»), la cui postura risulta, di fatto, alto-tragica benché il registro vari, accogliendo anche espressioni del parlato e nonostante o forse proprio per il fatto che con questo libro l’autore si rivolge a tutti (o quasi), mettendo insieme alberi, democrazia, metrica, schermi, Youtube, psicofarmaci, set e doppiaggio. Non bisogna, tuttavia, «fare molto affidamento su questo/testo», come scrive Giovenale, quasi a volerci ammonire; esso continua, infatti, «alle spalle del lettore», presenta un margine di errore, come ogni testo o espressione sono approssimazione del reale e come lo è, del resto, ogni soggetto che dice io: «Questo che sto scrivendo è un testo approssimativo, /non gli si deve chiedere di essere troppo preciso, non/sono preciso»; «Sono approssimativo.»
Informazioni sul libro
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Valentina Murrocu (1992) è laureata magistrale in Storia e Filosofia presso l’Università degli Studi di Siena. Nel 2018 è uscita la sua opera prima di poesia, “La vita così com’è”, per le Marco Saya Edizioni.Suoi testi inediti sono apparsi su Poesia del Nostro Tempo, Mediumpoesia e Nuovi Argomenti.
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