ASPIRANTE CHANSONNIER
Noi fan baustelliani attendevamo credo con un certo trasporto il primo disco solista di Francesco Bianconi, annunciato da tempo e poi rimandato a Ottobre per i motivi che sappiamo. Ma ora è arrivato e possiamo fare alcune considerazioni in merito: va intanto detto che si tratta di un album secondo me vero e urgente, qualcosa a cui Bianconi teneva molto, non semplicemente una propaggine dei Baustelle o un modo di impiegare il tempo.
Si comprende credo dalla veste musicale, manca quasi completamente la sezione ritmica, molto è affidato al pianoforte e ad arrangiamenti raffinati, i toni sono quelli ieratici, sapienziali e da chansonnier che conosciamo da Fantasma, in particolare la canzone di apertura di quel disco (Nessuno), e i modelli sembrano appunto essere i Brel,, De André, e ancora Battiato, a una scuola cantautoriale certamente complementare ma non sovrapponibile alle dinamiche spesso puramente pop (e talvolta orientate a modelli esteri, indie ed elettronici) dei Baustelle.
La sincerità dell´ispirazione però non basta a rendere un disco un grande album, per quello ci vogliono le canzoni, e dopo diversi ascolti ho fissato due punti che ritengo già per me abbastanza fermi da poterli esplicitare, e non necessariamente positivi
1) Le canzoni migliori sono quelle che conosciamo già, uscite come singoli (Il bene, L´abisso, Certi uomini)
2) Il disco presenta quattro duetti e i duetti sono roba da maneggiare con cura, deve esserci una necessità, altrimenti in questo contesto - molto suonato e orchestrale ed elaborato a livello di arrangiamenti - il rischio è quello dell´ospitata kitsch un po´caciarona. E in effetti.
2) Il disco presenta quattro duetti e i duetti sono roba da maneggiare con cura, deve esserci una necessità, altrimenti in questo contesto - molto suonato e orchestrale ed elaborato a livello di arrangiamenti - il rischio è quello dell´ospitata kitsch un po´caciarona. E in effetti.
Il disco si apre appunto con le austere Il bene e L´abisso, che reggono bene, che sono buone canzoni, non completamente nuove, assomigliano appunto a certe cose di Fantasma e I mistici dell´Occidente, ma hanno un buon afflato lirico e una coerenza interna - anche nei testi - che convince.
Poi arriva la prima delle collaborazioni, Andante, con Rufus Wainwright e nonostante l´impegno di quest´ultimo (discreto accento, canta in italiano) complici melodie un po´di grana grossa, sembra quasi di ascoltare una bocellata, magari gradevole, magari meno smaccata, ma siamo da quelle parti.
Abbiamo poi Go! che vede all´opera Kazu dei Blonde Redhead, ma che fondamentalmente è una cantilena indie non troppo interessante, e ancora Faika Llil Wnhar con Hindi Zahra, che ricorda quelle cose arabo-esotiche che faceva Battiato ma che al siciliano venivano meglio. Poi, pur non essendo una brutta canzone, è troppo lunga.
Ed effettivamente quando il nostro torna da solo nella successiva Zuma Beach,, ariosa e nostalgica, tra i Cousteau e un senso di catastrofe imminente, torniamo su livelli più alti, per poi calare di nuovo con The strenght, nonostante l´impegno e la voce funzionale di Eleanor Friedberger (ex Fiery Furnaces). Semplicemente, manca la canzone.
Arriva qui Certi uomini, su cui si potrebbe dire molto, è auto-citazionista (in parte Ragazzina, in parte Il vangelo di Giovanni) ma funziona, la maniera in cui Bianconi a un certo punto introduce il concetto della fica secondo me prende, sono cinque minuti di filosofia maschile molto ben declinata e una canzone bella ruffiana come lui e i Baustelle sanno fare, poi arriva la "nuova" Assassinio dilettante, anche qui da solo, abbastanza scorrevole, non eccezionale, prima del finale strumentale Forever che è uguale o simile a tanti altri analoghi strumentali Baustelliani.
Riassumendo: nessuna canzone eccezionale, tre ottime, una molto buona, le altre non mi sembrano di gran livello e non hanno neppure quella giocosità un po´commerciale o commerciabile che conoscevamo ad esempio dal capitolo due di L´amore e la Violenza.
In conclusione un album un po´ostico, ma non di quegli ostici perché crescono con gli ascolti, ma di quelli che ti chiedi se certe canzoni ti piaceranno mai, e alla fine tendi a saltarle.
Se il giudizio dovesse essere in punti o stelle, da uno a cinque, ne darei tre e mezzo, forse scarse, forse di stima, e la stima, vi assicuro, c´è, visto che Bianconi è e resta una penna di grandissima personalità della nostra musica leggera. Solo, se voleva prendersi tanto sul serio, allora valeva la pena di rischiare di più, che un paio di duetti e gli ospiti eccellenti (anche alla strumentazione) non bastano.
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