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LIBRI E RECENSIONI. JONATHAN LETHEM - LA FORTEZZA DELLA SOLITUDINE.

NOSTALGICHE GANG DI NEW YORK





La fortezza della solitudine è il mio secondo approccio con Jonathan Lethem, dopo I giardini dei dissidenti.
Credo che Lethem sia stato spesso inserito nel calderone onnicomprensivo e un po´sovra-sfruttato dei postmoderni (o forse dei post-postmoderni), in realtà dopo questo romanzo nuovamente newyorkese lo definirei come un grande scrittore realista, massimalista e inclusivo, vagamente bellowiano, un formidabile narratore di paesaggi urbani, di folle, di manie e ossessioni e idealismi.

La fortezza parte da alcuni spunti autobiografici per farsi memoria, romanzo di formazione, inno d´amore e nostalgia per una New York che si sta piegando alle leggi della gentrificazione, ricognizione dei rapporti tra razze. Di postmoderno potrebbero esserci alcune metodologie, ad esempio gli elenchi di musiche e canzoni, la precisione tecnica ed etnologica nel ricostruire usanze e abitudini (le palle Spaldeen, i "tag" dei graffitari sui muri), ma semplicemente Lethem vuole riprodurre nella maniera più completa, corretta e suggestiva, un ambiente o una serie di "quadri" che conosce benissimo.

Nella storia succede tutto sommato molto poco: l´amicizia da ragazzini che unisce Dylan (bianco) e Mingus (nero, figlio di un cantante soul) evolve e involve, si spezza per i casi della vita, torna a manifestarsi nel finale quasi onirico e nostalgico. Il simbolo di questo legame sta in un anello e nella divisa da Aeroman, un supereroe inventato dai due, uno dei loro segreti (non il più conturbante). La dinamica è creata appunto dalle "scene di massa", dai movimenti nelle strade di New York, le feste, i pestaggi, e naturalmente i pensieri di Dylan, dalla cui prospettiva in qualche modo incompleta (nel senso di perennemente immatura) sgorga e si dispiega la narrazione.

Come dicevo Lethem è massimalista, sa regalare squarci immaginifici così come tour de force tecnici o umoristici (clamorosa la scena in cui Dylan cerca di vendere una sceneggiatura a un esilarante tycoon hollywoodiano), è bravo e sa di esserlo, se I giardini dei dissidenti era il suo romanzo newyorkese e politico, questo (che - è bene ricordarlo - è precedente) è quello newyorkese e sentimentale. In ogni modo e in conclusione un ottimo esempio di grande romanzo americano contemporaneo, una sorta di Augie March attualizzato, e che parla di un autore che secondo me potrebbe raggiungere vette anche superiori.

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Informazioni sul libro

Jonathan Lethem - La fortezza della solitudine
Traduzione di Gianni Pannofino
Ed. Bompiani 2016
711 pg.
Attualmente in commercio

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