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LIBRI E RECENSIONI. PHILIP ROTH - IL GRANDE ROMANZO AMERICANO

ROTH E LA FASE BIZZARRA

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Prima o poi ogni scrittore americano sogna di scrivere il relativo Grande Romanzo, e molti scrittori americani prima o poi incontrano lo sport-icona* degli Stati Uniti. Da questo incrocio non casuale esce il tentativo di Philip Roth, il suo Grande Romanzo Americano di nome ma, e vedremo perché, non di fatto.

Era il 1973 e per lo scrittore di Newark doveva essere una fase bizzarra. Anzi: la fase bizzarra.
Dopo il grande successo del Lamento di Portnoy, erano arrivati una sorta di instant book su Nixon (La nostra Gang) e una fantasia kafkiana (Il seno), peraltro di dimensioni piuttosto smilze.

Allora ecco il colpo di genio: il baseball, un titolo suggestivo, due miti e feticci dell´america, uno popolare, uno colto! Doveva essere davvero una fase bizzarra. Anzi: la fase bizzarra.
Non ricordo altro libro tanto amabilmente scombiccherato nella carriera di Roth, L´autore che qualche anno dopo dominerà strutture complesse e ambiziose, perfettamente sviluppate e tenute in piedi, come Lo scrittore fantasma o La controvita, esegue qui il seguente programma:

- affida la narrazione o meglio fa prendere la parola al presunto protagonista/testimone, il giornalista sportivo "Word" Smith, ormai ridotto a vecchio bacucco, rinchiuso in ospizio e generalmente ridicolizzato proprio a causa della storia di baseball che deve raccontare. Peraltro Smith si getta nel libro con una serie di pagine di allitterazioni, che secondo me potrebbe essere un omaggio a William C. Williams, che nella sua omonima e sperimentale novella insisteva appunto sulla forza fondatrice e dirompente della parola.

- gli viene un´ideuzza. Hemingway. Word Smith deve incontrare Hemingway. È un cameo comicamente irresistibile: "Hem" vorrebbe scriverlo lui il Grande Romanzo Americano, ma teme o paventa che sia proprio il compagno - il giornalista - a riuscirci. Ciò lo tormenta, e dà il via ad alcune reazioni obiettivamente esilaranti . Ma c´è di più, e visto che siamo entrati in una zona metaletteraria, a un certo punto vengono recensiti dal punto di vista iconoclasta di Smith alcuni classici della letteratura americana, come La lettera scarlatta e Le avventure di Huckelberry Finn.

Questa è solo l´introduzione, che fa immediatamente rilevare alcune caratteristiche: è simpaticamente confusa, indubitabilmente divertente, e non lega con il resto.

Arrivato alla vicenda principale, infatti Roth si scorda completamente di Smitty, che pure dovrebbe essere colui dal quale punto di vista viene narrata la storia. Proseguiamo quindi con il programma:

- è la storia intricata e complottistica di una immaginaria terza lega professionistica americana - la Patriot League - e della squadra più scalcinata della stessa, i Ruppert Mundy, costretta a giocare tutta la stagione in trasferta per motivi apparentemente di servizio alla patria (siamo attorno alla fase finale della seconda guerra mondiale) ma che poi scopriremo conseguenza del complotto di cui parlavo sopra.
Il tema del baseball e la lega immaginaria consentono a Roth di sbrigliare la fantasia e concepire una torma di personaggi (allenatori, giocatori, proprietari) e situazioni dai confini quasi Pynchoniani: un lanciatore di origine babilonese chiamato Gil Gamesh, due giocatori nani, uno senza un braccio, un altro senza una gamba, un bambino di sette anni che elabora teorie statistico/matematiche rivoluzionarie sul baseball, un contro-bordello dove soldati e giocatori di baseball vengono accuditi da prostitute (?) che interpretano il ruolo della nurse o della mamma perfetta e così via, e da tenere conto che questi sono solo alcuni (pochi) esempi.
Allo stesso tempo, la narrazione sportiva è iper-tecnica - credo si possano cogliere tutte le sfumature e divertirsi davvero solo conoscendo molto bene lo sport - e allo stesso tempo rende l´idea in maniera qua e là addirittura epica e commossa dell´importanza popolare, unitaria e di riconoscimento del baseball negli Stati Uniti. Ciò non toglie che il tono sia prevalentemente scatenato, comico e picaresco, come confermano le fieldinghiane introduzioni ai capitoli.

Se state pensando che c´è troppa carne al fuoco, ecco, è così, e può quindi capitare che coli troppo grasso e si alzi una fiammata e che alcune parti siano troppo cotte, e altre troppo poche. Per fortuna Roth è un maestro e ci sono sezioni cucinate a puntino.
Se state pensando ad altri romanzi di Roth e a spunti che poi sono stati sviluppati meglio, beh, non avete torto: l´ucronia di carattere guerresco ci sarebbe stata successivamente ne Il complotto contro l´America, alcuni temi e spunti, specie man mano che si avvicina allo scioglimento della vicenda e alle vere ragioni della cospirazione, in Ho sposato il comunista.

Come motivazione o giudizio finale finale, mi sembrerebbe azzardato pensare che Roth volesse realmente smontare dalle fondamenta il mito del Baseball e quindi - per analogia - il modo che la società americana ha di rappresentarvisi (uno sport costruito nei minimi dettagli, con la stessa pazienza con cui i primi coloni hanno dovuto dominare natura, distanze e indigeni per fare di quel territorio la propria nuova patria, e allo stesso tempo democratico, dove la possibilità di realizzarsi, diventare un eroe, non passa solo da doti fisiche eccezionali) e da qui - per estensione - la società americana stessa (il consumismo che inquina lo sport, il contrasto purezza/commercio, la paura del nemico esterno, la creazione di un capro espiatorio). Intendiamoci, i temi ci sono, ma non mi pare che su questo piano il libro raggiunga chissà quali profondità corrosive e rivelatorie: diciamo che si accontenta di una parodia o di un teatrino ben congegnati e come già detto non privi di "gemme" da maestro.

In generale, l´appassionato rothiano troverà modo di apprezzare anche questo romanzo strano  e strutturalmente squilibrato: come detto le pagine da salvare sono molte (la maggioranza) e qua e là ci si diverte tanto. A chi volesse iniziare con lo scrittore o chi non sentisse necessariamente di doverlo leggere tutto consiglierei sinceramente altri libri, altre strade.

Una menzione ancora più speciale del solito va al traduttore Vincenzo Mantovani. Un tour de force, il suo, coronato da una prestazione straordinaria, vista la difficoltá del contesto.


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Informazioni sul libro

Philip Roth - Il Grande Romanzo Americano
Traduzione di Vincenzo Mantovani
Ed. Einaudi 2014
418 pg.
Attualmente in commercio

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*Roth avrá pensato sicuramente a Malamud, magari si sará sentito sfidato "a posteriori". Poi sarebbe arrivata la scena iniziale di Underworld.


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