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L´ASCETA OVVERO IL QUARTIERE.

LA STORIA DI BENITO E IL MARATONETA


Risultati immagini per voltri villa duchessa di galliera




Oddio (mai si dovrebbe iniziare con oddio), stavo per raccontare la storia di Benito, ma ho ricevuto un messaggio in posta elettronica, chi ha scritto si è comportato secondo le mie indicazioni, quelle riportate sul sito, no? Contatti - a questo indirizzo (andrebbe dipinto in blu, questo è il colore dei link).

E mi scrive "Carissimo, intanto ti auguro di vincere il Nobel per la letteratura a 71 anni come hai previsto, e piangerai lacrime amare, perché non ci saranno più i tuoi genitori a festeggiarti. Inoltre mi chiederei cosa hai contro i maratoneti, o i mezzi-maratoneti. Io queste cose le faccio da anni e mi trovo benissimo. Il tuo articolo trasudava disprezzo, anche io sono a Monaco, vieni a correre con me?"

In quel momento stavo sul mio divano, aspettavo i momenti del sonno, sorseggiavo con costanza acqua gassata e resti di vino rosso, ricevo questo, voglio rispondere a tono, sono un po´inquieto però, ma è un´inquietudine da thriller di seconda categoria, poi realmente mi accoglie il sonno, quasi senza accorgermene mi alzo, chiudo il laptop, mi svesto disordinatamente, mi accuccio nel letto, stringendomi un po’´.

***

Ero con mio Nonno in giro per la villa Duchessa di Galliera, a Voltri.
Ma no, non va bene. Così riveli tutto subito.

A differenza di altre persone o di quello che suggerirebbe il senso comune, la sera, la notte e il buio mi danno tranquillità, i risvegli, la luce mattutina, i weekend luminosi o borbottanti piogge o cieli lugubri e grigi, quei weekend lunghi privi di impegni definiti mi rendono a volte paranoico, mi conducono a fissare i pensieri su dettagli insignificanti, o nemici immaginari o timori che al sorgere del prossimo giorno lavorativo mi appariranno ridicoli.
Era per questo che esageravo la portata del messaggio del maratoneta? Quale era stato il procedimento mentale, come era arrivato sul blog, che minaccia implicita era contenuta nell´invito di andare a correre con lui? Cosa lo aveva offeso? Forse era un anziano signore dal fisico scolpito quindi vizzo come avevo descritto, con quel paragone un po´posticcio a un milionario francese (come sapevo che è milionario? Come sapevo che è francese?).
Il prezzo della paranoia diurna prevede che di sera poi le barriere crollino, la muscolatura si rilassi, l´apparato mentale che aveva prodotto quei pensieri si crepi e finalmente ceda, rivelandosi fragile, quasi solo una messa in scena, uno strato sottile di calcinaccio, la buccia di un uovo già scalfita dal cucchiaino.
In breve – avevo risposto al maratoneta.
***
Facevo queste lunghe passeggiate con mio Nonno, si poteva andare al porto o alla spiaggia (entrambi eufemismi, o almeno approssimazioni, ai tempi), lasciare Genova verso Crevari, oppure inerpicarsi verso l´Acquasanta (per proteggermi dai falsi ricordi sono andato a controllare se fosse realistico, arrivarci a piedi da Voltri). E alla villa, una villa urbana, nello scenario un po´incongruo di Voltri, quell´affollamento di case, chiese, palazzotti dalla dimensione quasi del grattacielo o della residenza- alveare, l´incombenza dell´autostrada, i due torrenti solo apparentemente innocui, ma alla villa, superato il corpo centrale e saliti oltre ci si poteva perdere nei boschi e nelle radure, nel verde, tra grotte, fontanelle, percorsi, mascheroni, cappelle votive, vialetti, si poteva dimenticare dove si era – per così dire.
(Per suprema ironia della sorte se con Google Maps si fa in modo di atterrare davanti alla villa, nella strada dove si apre il cancello dell´ingresso principale, si nota sulla destra un uomo anziano abbastanza vizzo a petto nudo, abbronzato, direi in forma per la sua età seppur non particolarmente muscoloso. Immagino sia la vendetta del maratoneta, o più probabilmente è il custode).
***
In questo momento sto curando una consulenza strategica su un cambiamento legislativo che avverrà il prossimo anno. Mi diverto a osservare le dinamiche dell´azienda per cui sto espletando il mandato. È maledettamente difficile – anche per me che sono fluent – moderare riunioni in cui nessuno ha il privilegio di parlare la propria madrelingua. L´inglese un po´squadrato dei tedeschi che a volte si ostinano a pronunciare la v come f (efery), quello approssimativo ma comprensibile degli italiani, gli obbligatori impappinamenti (i didn´t understood) subito corretti.
Mi diverto a osservare, a provare a comprendere se il leader di diritto corrisponda a quello di fatto, osservare la dinamica del ribelle silenzioso, attendere una domanda o un´osservazione da chi – forse non fidandosi delle proprie capacità linguistiche – fino a quel momento era stato sempre zitto. Era una signora mora, magra, che prendeva appunti, appena ha provato a dire una cosa (si stava dilungando) la capo-team, una bionda appariscente, forse di qualche anno più anziana, munita di stivaletto aggressivo, ha provato a interromperla, e lei è sbottata in italiano (i tedeschi del team hanno sorriso maliziosi) “Coi miei tempi! Voglio dire una cosa, e la dico coi miei tempi, non siamo tutti veloci come te!”. Ecco – l´avevo capito – struttura libera o anarchica, il capo-team di diritto ha autorità, ma non abbastanza per interrompere o mettere a tacere, gerarchie piatte e probabilmente gruppo di lavoro di supporto ma senza il peso specifico della conduzione. Questo significa per me che chi ha il controllo di questo mandato è o potrebbe essere altrove, a seconda dei suoi umori di quello che gli riferiranno o della reale autorevolezza della bionda appariscente il mio job potrebbe essere prolungato o terminato anzitempo, le fatture messe in discussione, devo farmi furbo indagare e saperne di più, i gradi di separazione – nel mio lavoro – sono sempre meno di cinque, potrebbe essere un vecchio sodale, o collaboratore o un rivale, un giovane rampante o un vecchio arnese tipo residuato bellico, va cercato il contatto giusto.
***
Proviamo a immaginare la storia di Benito, la sua vita.
Benito gioca a cirulla, beve del vino rosso, fa il gioco delle bocce, partecipa alle ultime propaggini della guerra mondiale, ha qualche donna, finita la guerra ognuno si risistema come può, questo grande e mutevole cuore italiano sembra battere nella direzione giusta, quella delle due R: Repubblica e Ricostruzione, è un cuore semplice e modesto ma allenato e non privo di buona volontà, ci si dimentica in fretta di chi era fascista perché sono stati eliminati i simboli, Benito porta in dote un nome impegnativo, ma quel cuore generoso sa perdonare le colpe dei padri e – inconsapevole – riduce il nome ai suoi aspetti puramente referenziali, esclude rapporti causa/effetto.
A Benito ci si limita a dire – Trovati una donna e sposala.
In effetti, attorno a lui i giocatori di cirulla cominciano a diradare, o meglio – per dirla in termini da consulente aziendale – la loro presenza è sottoposta a oscillazioni. E il bere insieme il classico bicchiere della staffa diventa una preziosa rarità da consumare soprattutto in certi Venerdì sera di gioia rumorosa.
Quei mammalucchi fanfaroni che si sposano e perdono di libertà, rinunciano a tutto, quello che rende la vita vivace e colorata (immagino che Benito ragionasse in termini meno poetici, ma si cerca qui di restituire il senso). Uomini senza spina dorsale, schiavi delle istituzioni e delle consuetudini morte, gente che si seppellisce da sola per cosa, per ottanta metri quadri e la festa di battesimo del figlio, ci sputo sopra, ci sputo sopra saliva e vino rosso, ci sputo sopra saliva e vino rosso, e sputo sul campo di bocce, su quella terra spianata e puntellata da sassolini, ci sputo sopra e faccio un tiro di quelli memorabili, mi accosto al pallino con una traiettoria ricca d´effetto, una curva a sinistra, e poi un rallentamento quasi artificiale, prodotto con un ultima frenata dell´avambraccio prima di lasciar andare la sfera. Dai gradoni mi applaudono le donne che sono venute a vedere.
***
Giravo con mio nonno per la villa, quelle passeggiate erano insieme gioia e malinconia, immagino perché la mia era un´età di passaggio, forse riflettevo sugli ultimi anni, giorni, momenti privi di impegni reali o di pesantezza, o già sentivo – e ne avevo una nostalgia preventiva – l´attrazione per un mondo a venire, pieno di cose ben più complete ed eccitanti di una passeggiata col nonno. O forse era una giornata invernale e coperta, un po´umida e tra gli alberi fitti filtravano poche luci, il terreno era friabile sotto i piedi e bisognava fare attenzione a evitare qualche pozzanghera, nell´odore a tratti acuto e a tratti muffoso del sottobosco.
Incrociamo un signore con una grossa testa tonda e pelata, un signore robusto, mi pareva potesse avere una giacca blu di plastica, teneva se ricordo bene le mani nelle tasche dei calzoni, era stretto in se stesso, per così dire, per quel clima invernale che dicevo prima (due indizi fanno una prova, nel ricordo: era freddo, i tasselli vanno a posto, sono un narratore solo parzialmente inaffidabile).
Il nonno gli dice  - Buona, Benito! Oppure – Ciao, Benito! Credo il primo, che ha una caratterizzazione dialettale più riconoscibile, se penso a mio Nonno.
Benito aveva risposto grugnendo. Sulla pagina potrei restituirlo con un – GH oppure un – OGH  o un – MGH.
Il Nonno non si era scomposto e fatto qualche altro passo sul sentiero umidiccio odoroso e friabile mi aveva detto – Sai perché non saluta ed è sempre arrabbiato? Perché non si è mai sposato.
***
Ora, non imbastirò teorie sul mio matrimonio e sul fallimento dello stesso basandomi su questo episodio. Sarebbe un psicologismo che neanche un epigono poco ispirato di Zola utilizzerebbe, figuriamoci ai nostri tempi. Ecco, siccome sono in argomento lo dico: ai nostri tempi la gamma di distrazioni e possibilità a disposizione di un single inveterato come Benito é decisamente più ampia e variegata.  Ma non elucubrerò neanche su questo, quelle persone erano rigidi figli dei loro, di tempi, sono scomparse prima, poco ma inesorabilmente prima di questo mondo, dove pur con tutti gli sforzi di creatività davvero non riesco a collocarle, immaginarle. Riposa in pace, Nonno, un giorno verrò a spostarti la tomba.
***
Due giorni dopo il maratoneta mi ha risposto “Scherza poco: il mio invito ad andare a correre insieme è serio. Potrei insegnarti qualcosa. So quale è il tuo percorso abituale: giù dalla collina del Gasteig, poi fino alla spiaggia sì insomma là dove vanno i ragazzi a bere d´estate, poi ritorni a volte ancora correndo, a volte a piedi. Poca disciplina. Non hai una brutta tecnica, potresti metterti di più in gioco.”
Deve essere un mio amico che mi sta facendo uno scherzo, o un collega a cui ho raccontato le mie abitudini. Il primo probabilmente, quelli che conoscono il Blog e diciamo la mia vita parallela, deve essere un gioco a carattere letterario, probabilmente non ho ancora capito la chiave.
Come faccio spesso con le mail al lavoro, decido di lasciarla riposare e macerare ancora un po’´, mi dedico ad altro, faccio in modo di sostituire questa paranoia con altre più serie, le possibilità sono tante, l´apocalisse – per fortuna – pare ancora lontana.

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