QUELLA IRREPARABILE DISPERAZIONE
La campana di vetro è l´unico romanzo di Sylvia Plath, pubblicato sotto pseudonimo nel 1963, un mese prima del suo suicidio.
Esther, diciannovenne di provincia, ha ottenuto una
borsa di studio presso una prestigiosa rivista di moda newyorchese. Passa da un
ricevimento all´altro, viene ricoperta di omaggi, fa shopping selvaggio. Le
altre ragazze con cui condivide l´esperienza sono entusiaste, lei invece si
sente “inerte e vuota come deve sentirsi l´occhio del ciclone: in mezzo al
vortice, ma trainata passivamente”.
Esther è imprigionata nei meccanismi di un mondo
distratto che non la rispecchia, di una società ipocrita, maschilista e
perbenista nella quale non riesce a sentirsi a proprio agio. Siamo nell´America
degli anni Cinquanta e lei è una giovane donna già decisa nel non voler
diventare moglie e madre, Esther vuole fare “il poeta”.
Quando torna a casa, qualcosa si rompe
definitivamente: viene respinta ad un corso di scrittura al quale era sicura di
venire ammessa. Decide di scrivere comunque un romanzo, si siede davanti alla
macchina da scrivere con accanto trecentocinquanta fogli di risma, ma non
riesce: “Come facevo a scrivere della vita, se non avevo mai avuto una
storia d´amore, né un figlio, né avevo mai visto morire qualcuno?”
Non riesce a scrivere, non riesce a leggere, non
riesce nemmeno più a dormire. Il senso di inadeguatezza, lo smarrimento e la
frustrazione la fanno scivolare velocemente nella depressione, quindi nella follia.
Vidi
gli anni della mia vita in fila uno dietro l´altro come pali del telefono lungo
una strada, collegati insieme dai cavi. Contai uno, due, tre… diciannove pali,
ma dopo il diciannovesimo i cavi spenzolavano nel vuoto, e per quanto mi
sforzassi, non riuscivo a scorgere nessun altro palo.
L´elettroshock, la terapia con l´insulina, l´idea
fissa del suicidio e diversi tentativi andati a vuoto (ma uno quasi riuscito),
il ricovero in un istituto psichiatrico: Esther narra tutto questo in prima
persona ma è come se il racconto non provenisse da lei, come se quel certo
distacco e l´ironia che pervade l´intero testo la vedessero più spettatrice
spietata degli eventi che protagonista.
Quando parla della campana di vetro dentro cui
vive, che le toglie l´aria e le impedisce sempre più di muoversi, di reagire,
affondiamo però in tutta la sua disperazione.
Per chi è chiuso sotto una
campana di vetro, vuoto e bloccato come un bambino nato morto, il brutto sogno
è il mondo.
Esther sa che la campana di vetro la seguirebbe
ovunque e, dopo essere stata “rattoppata e ricostruita”, sa anche che
potrebbe scendere di nuovo su di lei in qualsiasi momento.
Ma il finale è aperto e non sappiamo esattamente cosa
ne sarà di lei, se riuscirà a romperla e ad essere libera, se semplicemente
imparerà a conviverci.
Ciò che sappiamo è che un mese dopo aver dato alle
stampe la vicenda di Esther, fortemente autobiografica, Sylvia Plath decide per
sé un altro destino. Sopraffatta dalla sua campana di vetro, soccombe e infila
la testa nel forno a gas dopo aver scritto la sua ultima poesia (Orlo) e
aver preparato la merenda ai figli. E allora sì, leggere La campana di vetro
fa ancora più male.
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Informazioni sul libro
Sylvia Plath - La campana di vetro
Traduzione di Adriana Bottini e Anna Ravano
Ed. Mondadori 2016
252 pg.
Attualmente in commercio
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Sylvia Plath - La campana di vetro
Traduzione di Adriana Bottini e Anna Ravano
Ed. Mondadori 2016
252 pg.
Attualmente in commercio
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Brava come sempre ��
RispondiEliminaGrazie mille!
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