Passa ai contenuti principali

MUSICA. WILCO - CYMBALS EAT GUITAR - ABC

NEI MOMENTI DECISIVI




Mi son tenuto per questo finale di anno tre album (la parola fa ridere, lo so) diversi ma in qualche modo per me importanti, o significativi, per motivi diversi, personali direi.

Wilco - Schmilco
Una volta i Wilco erano la Band da Seguire, non sono rimasti Pavement, ma nemmeno sono diventati REM, tocca ammetterlo.

Cymbals eat guitar - Pretty years
I Cymbals eats guitar pur producendo buona musica non hanno ancora fatto quel salto da "next big thing"

ABC - The lexicon of love II
Gli ABC sono super-atipici, creatura intellettualoide (la musica da ballo UK sapeva esserlo, era una faccenda a metà tra proletariato e ottime letture, cose che succedono in Inghilterra negli anni di crisi, o forse sempre) e si permettono dopo il loro masterpiece The Lexicon of love di fare uscire un volume due, cosa che aveva cercato anche Joe Jackson con Day and Night e con scarso successo, nonostante la qualità. Che poi, si permettono. È Martin Fry, è lui,

Oh, iniziamo dai Wilco. Che confermano il loro stato di scazzo. Voglio dire, una presunta big rock band che a sorpresa butta fuori Star Wars (il penultimo) senza promozione e mettendolo in scarico gratuito, e l´anno dopo senza grosse anticipazioni tira fuori un lavoro chiamato Schmilco, facendo insomma la rima.
Se Star Wars era lavoro più acido, psichedelico, sperimentale (seppur tutto sommato giocoso), questo va sui toni del country e del folk, attesta discendenze beatlesiane e caratteri da Neil Young melodico, presenta solo una "coda" strumentalacidula (in Common Sense) e affastella alcune melodie convincenti, seppur sempre ai limiti dell´innocuo, come un Heavy Metal Drummer depotenziato - si sentano If i ever was a child, We aren´t the world (con gradevole citazione della celeberrima canzone benefica) e Just say goodbye.





Proseguiamo coi Cymbals eat guitar.
Che pur essendo sostenuti dalla stampa non mi hanno mai convinto tantissimo, con quel vocione, con quel portato new wave, con quel rompere le melodie e le schitarrate un momento prima che mi prendessero.

E invece - qui vedo un´evoluzione. Più variazioni, inserimento dell´elettronica, influenze gradevolmente Nirvaniane (che è come dire Beatles) insieme ai soliti Cure, al motorik,

Alla fine importano le melodie e qui ci sono quelle che ti fanno salvare la canzone in una delle tue playlist-to-go (già, l´epoca di Spotify).

Ci sono canzoni con tiro non indifferente, praticamente tutte, con un flavour che unisce la buona new wave degli anni ´80 con metodi piú moderni di costruire le canzoni, ma soprattutto che costruisce le canzoni, finalmente, visto che i Cymbals ne hanno il potenziale. Ascoltiamo la tripletta iniziale, ascoltiamo ad esempio 4th of July, Philadelphia, le sue pavement-azioni, l´insistenza delle distorsioni, la melodia emo, ma che non si prende sul serio come il vero emo.





Per finire, la faccenda più complessa - un gruppo da vecchi babbioni come gli ABC, alfieri
dell´electropop, cavolo questi hanno iniziato insieme ai Soft Cell, ai Depeche Mode, agli OMD, ai Kajagoogoo, a Howard Jones, e hanno subito piazzato una grande operazione di mimesi intellettuale come The lexicon of love, una roba apparentemente semplice, in realtà una sorta di musical, di concept-album, un pop edonistico che ha due facce, può essere goduto sulla pista da ballo (come si suol dire) muovendo bovinamente i fianchi, o sorseggiato come un bicchiere di un ottimo vino rosso, accompagnando l´afflato tutto sommato intellettuale, consapevole di Fry (per dire, Gahan dei Depeche viene dalla working class, Fry mi pare più fighetto).

Questo secondo capitolo di Lexicon of love affina e indirizza lo strumentario del primo, accentua gli aspetti concettuali e da musical, mette in scena arrangiamenti impegnativi, ma soprattutto una serie di citazioni che richiamano Bacharach e gli Steely Dan, (ovviamente) gli ABC e il Northern soul, il sogno di Fry sembra essere non del tutto differente da quello di Paddy McAloon, descrivere il mondo e comprenderlo nei confini della musica pop, anzi no - descrivere l´amore (ma l´amore è il mondo, in fondo, in fondo). Godetevi le melodie, le citazioni, anche autocitazioni, le modalità senza tempo (quindi antiquate) di The Flames of desire, Viva Love, e tutto il resto, un monumento all´amore e all´art-pop, al synth-pop, insomma alla capacità di scrivere grandi canzoni e tanto è limpida la voce di Fry che me lo ricorderei biondo col caschetto, il vecchio babbione ora ingrigito, lo siamo tutti, dopotutto?






Commenti

  1. «i Wilco .. non sono rimasti Pavement, ma nemmeno sono diventati REM, tocca ammetterlo». Marco carissimo, spero di aver capito male ...: non mi stai toccando i REM, vero? Stima e simpatia immutate, sia chiaro.. Andrea (V.)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ciao caro, i REM sono tra i miei gruppi preferiti di sempre, intendevo dire che appunto i Wlico non sono diventati il Graaaande Gruppo Rock "senza-etichette" se pensi ai REM pensi "rock" se pensi ai Wilco sei sempre tentato di metterci davanti indie- o psyc- o alt-

      Elimina

Posta un commento