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LIBRI E RECENSIONI. DON DELILLO - ZERO K

STILE, STILISMO, STILIZZAZIONE


Zero K



Con Zero K Don DeLillo torna dopo sei anni, e lo fa con un tema di quelli consistenti, la battaglia dell´uomo contro la morte, attraverso il supporto della scienza e della tecnica.

Mi pare in effetti che questo romanzo sia stato ampiamente anticipato, atteso e accolto con
un´attenzione e un consenso critico superiori rispetto a quanto tributato a quelli immediatamente precedenti.

La vulgata sembrerebbe suggerire che questo sia finalmente un DeLillo maggiore/ambizioso, contrapposto alle pause e ai supposti "bassi" (cali di forma) dei romanzi da Underworld in poi.

Dal mio personale osservatorio, direi intanto che tra Cosmopolis, Body Art, L´uomo che cade e Punto Omega solo il secondo era davvero troppo stilizzato e poco riuscito, negli altri, pur non trovando le infinite ambizioni di Underworld o la compattezza di visione e stile di Rumore bianco si trovavano comunque squarci degni di nota, vere e proprie profezie (Cosmpopolis ha anticipato di 5 anni la crisi di Lehman Brothers), epifanie e una vera e propria poetica dell´uomo del nuovo millennio, disegno che mi pare DeLillo stia provando da tempo a comporre e rifinire.
Certamente si avvertiva una sempre maggiore rarefazione stilistica, un avvicinarsi al grado zero di dialoghi plastici e volutamente non-realistici, un´attenzione sempre più minuta e a rischio di manierismo a forme di arte moderna, cinematografia, scienze, paesaggi urbani.

Ora: siccome anche Zero K è così, si nutre di tali componenti, avrà secondo me poco senso far notare una discontinuità o parlare di un DeLillo nuovamente ad alta intensità di ambizione. A volerla vedere con onestà, penso che chi - pure tra alti e bassi - avesse apprezzato gli ultimi (specie gli ultimi due) troverà interessante anche Zero K, chi - da suo seguace o anche da suo nuovo lettore - fosse rimasto deluso o perplesso reitererà la reazione anche verso questo nuovo capitolo della produzione dello scrittore.

I massimi sistemi e la lotta contro la morte: si parla qui di criogenesi, una tecnica di ibernazione che promette di mantenere l´integrità del cervello e un barlume di coscienza, in vista di una rinascita destinata ad avvenire quando scienza e tecnica riusciranno a trovare rimedi alla decadenza dei corpi.
A usufruirne è Ross Lockhart, imprenditore, uno dei padroni del mondo (indizio nr.1), collezionista
d´arte (indizio nr.2), padre di chi narra in prima persona, Jeffrey, a suo modo figlio di una famiglia disfunzionale (Ross è divorziato dalla prima moglie, madre di Jeffrey, indizio nr.3), newyorkese e osservatore critico e attento della propria città (indizio nr.4).
Il laboratorio per la criogenesi è da qualche parte in una ex-repubblica russa, un luogo frammentato e asettico, dove schermi che scendono dal soffitto mostrano scene di guerra e distruzione (indizio nr.5) e monaci ieratici e senza età sentenziano sul sogno/illusione di fermare la morte (indizio nr.6).

Gli indizi servono chiaramente a sottolineare quanto sia delilliano tutto quello che leggiamo, tanto che qualche osservatore ha fatto notare che potrebbe esserci da parte dell´autore un intento ironico/autoparodistico.
Se il tema dell´ibernazione non riesce a inquietare e mai secondo me si sfiorano domande fondamentali o abissi rivelatori (talvolta si fa della gran teoria, però), i dialoghi sono mediamente più scorrevoli, realistici e divertenti rispetto agli ultimi libri, mi pare ci sia un maggior sforzo di compattezza e anche di comprensibilità, seppur DeLillo mai rinunci veramente al dettaglio chic-modernista, che in quanto tale potrebbe anche irritare.

La tesi dell´intento autoparodistico potrebbe essere avvallata dalla presenza di una palla da baseball, di un viaggio in taxi, di sacchetti di spazzatura, di vari riferimenti alla body art, una mini-antologia dei propri tic (o espedienti portanti) che mostrerebbe come lo scrittore abbia ampiamente letto critiche e recensioni alla propria opera e ora sorrida e giocherelli col proprio lettore appassionato.

Sinceramente: DeLillo è un grande scrittore e lo rimaneva anche nei romanzi precedenti, o anche in alcuni momenti della sua carriera che ora risultano fuori contesto o datati. Questo Zero K è il libro godibile e normale di un grande scrittore, ma proprio non è un grande libro, aiuta comunque a ridefinire le distanze tra l´originale e i suoi tanti imitatori (anche all´interno dei nostri confini), poi come successo con Cosmopolis può essere che qualcosa accada tra cinque o dieci anni, qualcosa per cui diremo quanto sia stato nuovamente profetico il newyorkese e rivaluteremo anche letterariamente Zero K.

Consigliato (ovviamente) ai fan dell´autore, per tutti gli altri direi di riprendere Underworld o Rumore Bianco.

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Informazioni sul libro
Don DeLilllo - Zero K
Ed. Einaudi 2016
Traduzione di Federica Aceto
240 pg.
Attualmente in commercio 
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