UN BUIO DI CARTA
Mi sono accostato con interesse a questo esordio di Crocifisso Dentello, Finché dura la colpa, vista la buona (quasi ottima) ricezione critica su inserti, giornali e fogli che non sempre spiccano per attenzione nei confronti di opere prime per piccoli editori.
Esperita la lettura, al romanzo non mancano motivi di interesse, un forte elemento positivo di coerenza e "conclusività" e alcuni altrettanto forti dubbi su struttura ed equilibri. D´altra parte è un esordio.
In sé la storia non è originalissima: il ragazzo-lettore-adolescente disadattato, le cui eccellenti letture difendono dalle minacce di un mondo circostante volgare, livido, ossessionato dalla brianzola "cultura del fare".
Il pensiero mi è andato all´in qualche modo "seminale"* Tutti giù per terra di Giuseppe Culicchia, ma qui appunto sottolineo la grande differenza e l´elemento positivo.
Il romanzo e il personaggio non abbandonano mai un forte nichilismo, un elemento di quasi totale negazione dell´esterno e del prossimo (il quasi si definisce nei personaggi di Anna e di Agosto, pur abbastanza evanescenti) e Dentello non ha avuto timori nel disegnare in Domenico un protagonista che definirei con un ossimoro potentemente inerte, fortemente e volutamente sgradevole e che con questo certamente rischia di allontanare il lettore, magari alla ricerca di qualche squarcio di luce.
Ma luce non ve ne sarà, e la claustrofobia di alcune scene di interni, la figura di questo padre deluso, sconfitto, volgare, riottoso e terribilmente disperato (a mio parere una sorta di eroe positivo involontario del romanzo) sono tra le cose migliori dello scritto.
Veniamo alla struttura e agli equilibri: giustamente per non farne una pura raccolta di episodi di disadattamento del protagonista, Dentello ha inserito una sorta di "deus ex machina" risalente
all´infanzia del protagonista e una minima sottotrama gialla, che provoca poi un´accelerazione nella seconda parte del libro.
Ecco, questa trama mi pare poco approfondita e un po´apocrifa, difetta mi pare di alcuni elementi di coerenza logica, ha il merito di "costringere" Domenico suo malgrado ad agire, cosa che crea alcune prime interazioni interessanti ma a mio modo di vedere non sufficientemente approfondite, per poi arrivare a un´ ultima "spallata" con un finale nuovamente evocativo, suggestivo, potente e terribilmente scuro. Ma in mezzo non tutto funziona e il lettore rischia di trovarsi un po´spiazzato, se non insoddisfatto.
La mia ultima nota va allo stile, plastico e capace di squarci visionari, modellato su un italiano alto e vagamente démodé a creare un altro attrito tra la trama, le ambientazioni e l´interiorità isolata ed estraniata del protagonista.
Penso che - come per molti esordi - questa fosse la storia (probabilmente in parte autobiografica, gli auguro il meno possibile) che Dentello aveva in testa e non potesse essere scritta in maniera molto diversa da così. Credo che, specie se non crederà al cento per cento ad alcune esaltazioni e peana che ho letto in giro, lo scrittore possa ulteriormente crescere e aprirsi a prove più complete, variate e magari baciate da un soffio di speranza (ma questo sarà lui a deciderlo).
Nel frattempo registro un interessante inizio di percorso, promosso, seppure con le riserve che dicevo sopra.
*seminale il romanzo di Culicchia lo è stato a mio modo di vedere in quanto facente parte di una sorta di rinascita delle scritture giovani italiane (best-seller in contemporanea o quasi al Jack Frusciante) e in quanto proponeva una scrittura piana e accessibile, e uno sguardo direi "normale" dando speranza a chi non avrebbe magari condiviso certe frenesie del Pulp che era sul punto di palesarsi
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Informazioni sul libro
Crocifisso Dentello - Finché dura la colpa
Ed. Gaffi 2015
243 pg.
Attualmente in commercio
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