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LIBRI E RECENSIONI. FRANZ KRAUSPENHAAR - GRANDI MOMENTI

L´APOCALISSE DEL CINQUANTENNE

Grandi Momenti


Cosa succede ai nostri scrittori over 50?
A scandagliare la produzione di alcuni, paiono incazzati, polemici, arrapati, impauriti e comunque mai rassegnati.

Penso al Pecoraro de La vita in tempo di pace, al Sebaste autopubblicato di Fallire e ora a Franz Krauspenhaar con questo Grandi Momenti, che mi pare si avvicini molto al "prototipo" (se così si può dire) di Pecoraro.

Krauspenhaar è scrittore rigorosamente indie e versatile, e che spesso ha utilizzato la propria autobiografia come combustibile della propria narrativa, o di altre forme da lui utilizzate (penso al poema di Le belle stagioni).

Qui l´autore sembra appena nascondersi e romanzarsi dietro il protagonista Franco Scelsit, scrittore sperimentale e di determinate ambizioni, che si procaccia però da vivere confezionando giallacci commerciali pubblicati sotto pseudonimo. Lotta contro i postumi di un infarto e più in generale con una sua crisi, una sensibilità direi acuita e apocalittica, il ricordo di un padre scomparso durante una fuga, il sesso cercato ma sempre meno interessante, e le visioni, visioni che paiono perseguitarlo rendendolo - agli occhi degli altri - una sorta di febbricitante psicotico.

Il tono si muove tra autoanalisi e invettiva (a volte - se riferita al presente politico italiano - a mio parere fin troppo scontata), l´azione consta di fughe in automobile, di interazione con i compagni di riabilitazione post-infarto e con la madre-colonnello (e col fratello-sodale) e di avventure in un mondo editoriale miserando ma, almeno in alcune figure, non del tutto privo di speranza.

Come già in Pecoraro ci sono l´ossessione per la salute, per l´auscultazione del proprio corpo, e per il sesso, la ricerca di una vitalità sessuale che sembra farsi segno e senso di quei giorni incerti (tanti? pochi? l´infarto e il suo ricordo sono sufficienti a farti sentire costantemente su un bordo di un abisso che hai intravisto per alcuni interminabili minuti?) che ti separano dalla cosa che deve succedere.

È interessante notare come il romanzo di questi tipo viva dimensioni differenti, da noi e all´estero: in Roth (Sabbath) era centrale proprio l´elemento erotico, ma totalmente lontano il dato autobiografico (e d´altra parte lo scrittore di Newark con l´autobiografia aveva fatto i conti in maniera massiccia in tempi non sospetti), in Barnes (Il senso di una fine) prevalevano il rimpianto e la sensibilità delle vite sprecate (un po´alla Stoner), in Amis (La vedova incinta) l´aspetto erotico che il protagonista di Roth cercava di continuare a vivere amplificandolo in maniera colpevole e vergognosa si faceva a sua volta elemento di rimpianto per l´epoca dorata dei tardi anni ´60 o primi ´70 della liberazione sessuale.
Curiosamente l´operazione di Krauspenhaar ha invece similitudini con il Diario d´inverno di Auster, specie per la coscienza delle lacune (e cadute) del proprio corpo e delle oscurità (ed errori) della propria mente.
Mentre in Auster prevaleva una scrittura espressiva ma pacata e malinconica, Krauspenhaar ci "parla" in maniera nervosa, immaginifica e possente: chiaroscuri, tirate aggressive, squarci di poesia, momenti onirici, mi pare che al di là di un libro che nasce a mio modo di vedere come chiaramente e volutamente indie, quasi "inconcluso", malmostoso e franto, sia proprio la prosa dello scrittore a valorizzare una lettura che difficilmente lascia indifferenti e anzi ti abbandona (troppo presto? di certo l´autore non sbrodola, non imbastisce controtrame, non si dilunga) con una sensazione di disagio e - specie se si veleggia verso i cinquanta - con il timore di potersi riconoscere fin troppo in quei dolori, quegli slanci, quelle rabbie, quelle psicosi.

Decisamente promosso, e scrittore che meriterebbe (o meriterà) attenzione maggiore (ammesso che la voglia e la cerchi).

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