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LIBRI E RECENSIONI. EDOARDO AFFINATI - L´UOMO DEL FUTURO

SE SI RESTA FREDDI


Uomo del futuro


Sentendo l´autore presentare il libro al Salone di Torino (ma sarebbe bastato leggerne il curriculum) si comprende la scelta di raccontare questa storia, la vicenda di Don Lorenzo Milani e della Scuola di Barbiana.
Affinati è esso stesso insegnante, educatore, e in particolare la sua azione si rivolge ai potenziali emarginati, a coloro che maggiormente hanno bisogno di una voce (non - o non solo - di un portavoce, attenzione), di un linguaggio, perché da quelle conoscenza e padronanza nasce la possibilità di discutere alla stessa altezza e di inserirsi nel mondo, nel mondo dei Pierini, dei signorini il cui destino da futuri padroni del vapore sembra segnato. Parlare alla stessa altezza del padrone, o farsi sottomettere.

Ma che lo spunto sia sentito, sincero e trattato in maniera competente non risponde secondo me alla domanda/esigenza del lettore, che si chiede soprattutto quali siano la tenuta e il valore narrativi del testo, e se lo chiede non completamente a torto direi, visto che il libro

1) Esce per una collana di Mondadori tradizionalmente destinata alla Narrativa
2) Concorre per il Premio Strega

Ecco, la mia risposta da lettore è che nonostante la sincerità di fondo e l´indubbio sforzo documentale questo libro fallisce nell´obiettivo di essere un percorso in qualche modo "Narrato" all´interno della storia di Don Milani e dell´autore.

La struttura consta di 10 capitoli che ripercorrono "Le strade" del prete di Barbiana - declinati alla seconda persona singolare, riferita ad Affinati stesso - e 10 capitoli in prima persona che descrivono altrettante tappe della storia o vita dell´autore in veste di educatore degli emarginati, di coloro che rischiano di essere gli ultimi.
Nei primi si ondeggia tra momenti da guida turistica seppur di qualità e un estremo citazionismo dei testi originali di Don Milani, ovviamente legittimo e direi anche interessante, ma che susciterebbe la curiosità di compiere un esercizio: contare quante pagine occupino sul totale.
I secondi - dal Manfred naziskin a Berlino per arrivare all´obiettore di coscienza russo passando dalla suora seguace di Madre Teresa di Calcutta - oscillano tra il bozzettistico, l´edificante e il vagamente catozzelliano (e non lo intendo in accezione positiva).

Il tema, il filo conduttore - senza dubbio interessante e in qualche modo necessario - mi è rimasto comunque estraneo, congelato. Limite mio? O forse anche responsabilità di una scrittura senza guizzi, partenze, scarti e accelerazioni? Forse è che il libro si adagia in una terra di nessuno: se è autofiction c´è poco cuore, poca passione, un autore che si mette in gioco troppo poco (va bene: lascia la scena al vero protagonista), allo stesso tempo si fa fatica a definirlo un romanzo, non ne ha il passo e probabilmente le intenzioni, come saggio appare piuttosto breve, poco incisivo ed edulcorato e ad esempio pare non approfondire abbastanza la vicenda dei contrasti tra Milani e le gerarchie ecclesiastiche, che invece avrebbero avuto sostanza sia in funzione appunto saggistica/polemista che narrativo/romanzesca.

Un´ occasione perduta? Forse no, Affinati in sede di presentazione mi è parso istrionico, didattico (nel migliore dei sensi possibili) e ottimo divulgatore. Questa era forse la funzione che era demandata a questo testo, suscitare interesse attorno a un´istanza attuale e imprescindibile, il bisogno di
un´educazione più concreta, estesa e forse più democratica (l´autore stesso sta portando avanti
l´esperimento/esperienza di una scuola per neo-italiani, per emigrati col bisogno di un´integrazione che necessariamente nasce dall´educazione). 
Tutto molto meritorio. Ma non basta, non basta affatto, a fare un libro (un romanzo?) interessante.

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