VITE DI FINZIONE
Adoro la scrittura della Didion. il suo metodo, la sua elusività, quello che avevo chiamato (mi autocito) straniamento iperrealista, che credo possa aver influenzato un certo DeLillo.
In tutte le storie della Didion ci sono dei vuoti, degli spazi che il lettore deve colmare, dei non-sensi, dei dialoghi franti, o surreali, o che non vanno da nessuna parte.
Non fa eccezione questo Prendila Cosi, del 1970 e quindi secondo romanzo della scrittrice americana, dopo Run, River che sarà pubblicato a Giugno sempre da Saggiatore.
Diciamo che avendo letto prima di questo i successivi Diglielo da parte mia e Democracy, mi risulta chiaro come la scrittura della Didion si sia evoluta nel tempo. In effetti questo romanzo appare più acerbo e meno convincente dei due nominati sopra (praticamente perfetti).
È una storia ambientata nello Stardom cinematografico, la protagonista Maria è sposata col celebre regista Carter Lang, in una dimensione alcolica, superficiale, dove tutti tradiscono tutti e a nessuno sembra "importare".
Proprio la necessità di fingere degli altri personaggi sottolinea la sostanziale e apparente anaffettivitá di Maria, che però pare derivare da una sua superiore "purezza", da un suo sottrarsi ai riti e alle apparenze dell´ambiente nel quale vive.
Maria risulta irritante a chi le sta attorno come può sembrarlo - talvolta - al lettore. Eppure Maria in qualche modo, ha ragione. Maria sembra volersi lasciar morire, ma il suo è un lutto continuo legato alla vicenda dei genitori, alla figlia Kate, che ha problemi psichiatrici, al figlio abortito.
Il romanzo è breve, e vive di brevi e (fin troppo) spezzettati capitoletti, mostrando una scrittrice già peculiare ma ancora alla ricerca del perfezionamento dei propri stile e visione.
Romanzo che in generale da fan della Didion si può (forse si deve) leggere ma non imprescindibile
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