LA FRECCIA DEL TEMPO
Strane creature romanzesche, per nulla banali, si aggirano nei paraggi e ci attirano con una sorta di loro mondo parallelo, nel quale gettarsi per 550 pagine circa, domandandosi un po´scombussolati dove voglia andare a parare l´autore, cosa intendeva dirci. Ma forse non è importante trovare a tutti i costi il (o un) significato. Forse si possono - a partire da Questi tempi fuori dal tempo - imboccare alcune strade, approcciare alcuni possibili connessi di questo romanzo esplicito ed enigmatico allo stesso tempo.
Intanto la storia editoriale: Francesco Fagioli ha esordito nel 2007 per Marsilio con Un certo senso. Esordio tardivo (l´autore è classe 1961) e sponsorizzato dal collettivo Wu Ming. Romanzo pure decisamente particolare, e che conquistò all´autore una candidatura allo Strega e paragoni a dir poco eccellenti (Buzzati, Kafka).
Poi nove anni di silenzio. Temperamento schivo? Perfezionismo? Sia come sia, certo non uno scrittore da riflettori, e direi che si vede, si sente tra le pagine di questo romanzo.
Via il dente via il dolore: ho cercato una definizione adatta e direi che questa storia è una ucronia al contrario, anche se la definizione rischia di essere altamente approssimativa.
Usiamo parole correnti: si immagina che il tempo vada all´indietro, riavvolgendosi su se stesso, la storia inizia insomma negli anni 2000 e - in concomitanza con il rapimento di Veronica (uno dei personaggi) - comincia a svolgersi in un rapidissimo, travolgente passato futuro. In non molte pagine ci troviamo nel ´68, e poi nel miracolo italiano del dopoguerra, e poi ai tempi del fascismo, e così via.
Nel frattempo seguiamo le vicende di Veronica e del suo rapitore, della coppia di innamorati "ordinari" Marco e Barbara, e della scrittrice Isa Boccafosca con il suo proletario amante Oscar Mai.
La prima qualità che mi sento ascrivere al romanzo e a Fagioli è di tipo squisitamente tecnico: il romanzo inizia nell´epoca dei cellulari e - per esempio - in anni nei quali Marco e Barbara possono frequentarsi sessualmente senza particolari problemi e remore. Andando indietro nel tempo, cambiano oggetti, prodotti e costumi (l´amore tra Marco e Barbara diventa scomodo e osteggiato, vedersi senza essere sposati pericoloso) ma la storia e i personaggi non smettono mai di risultare credibili, se il tempo implode su se stesso in pochi mesi (scorre velocissimo, nel romanzo) i personaggi si aggiustano e si adattano quasi impercettibilmente, il rischio di dover spiegare e non mostrare era molto elevato, ma Fagioli lo scongiura con mano abile, felice.
La storia vive in un registro tra il fantascientifico, il realistico e il vagamente saggistico (obbligatorie da parte dello scrittore le riflessioni sul tempo e sul suo significato, sulla storia e le sue incomprensibili tragedie, e - attraverso il personaggio di Boccafosca - sulla scrittura e sul romanzesco) e a Fagioli interessa sfidare il lettore, più che assecondarlo. Usa in effetti un registro iper-classico, quasi arcaico, ricco di termini desueti e di forme estetizzanti, allo stesso tempo quando affonda nella realtà delle periferie romane, nelle scene di massa, negli scambi affettuosi o violenti degli amanti non si nega una cruda ed efficace aderenza alla realtà, e anche questo aspetto è segno di tecnica, coraggio e mano sicura nelle diverse pieghe del romanzo.
Al di là di tutte le specifiche tecniche questo è un romanzo che dal lettore pretende molto, ma che molto restituisce, è originale, sofferto, avvincente, come dicevo in premessa ti getta in un mondo parallelo un po´straniante, dà la possibilità di rivivere un secolo di storia italiana e di riflettere su come gli uomini la attraversano quasi come immutabili e ottusi scimmioni, un cellulare e una Smart valgono quanto un telefono a disco o un automobile a manovella, l´importante è arrovellarsi, sbuffare e vivere (o almeno non morire, come afferma il personaggio di Veronica, centrale nell´economia del romanzo).
Il tempo e la vita stessa - sembra dire Fagioli - non hanno in fondo alcun senso, la storia e gli orologi sono convenzioni, il romanzo e la narrazione si fanno, si disfano e non hanno pudore nello spogliarsi dell´artificio e mostrare i loro (indecenti?) meccanismi.
Ma non importano complicazioni, questo è un romanzo particolarissimo e che - in un mondo più giusto o forse se scritto da un autore meno schivo - farebbe moltissimo parlare di sé, come ulteriore rappresentante di un romanzo italiano che vuole mostrarsi grande, o almeno massimalista.
Da parte mia - prese le cautele che ho cercato di far comprendere nella recensione - sfiora le fatidiche cinque stelle ed è decisamente consigliato.
Grazie per la recensione.
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