SONO STATO IO
Ho già parlato diffusamente del lavoro di
ricerca e scoperta che Giuntina fa nei confronti della letteratura ebraica,
quello che stupisce positivamente è come tutto ciò si risolva in una “produzione”
tutt´altro che monotematica, monotona o chiusa in se stessa, in altri termini
la sopra citata letteratura (e considerato che questo editore pesca nelle retroguardie
– parlo di popolarità, non di qualità - visto che la triade di eccellenza è già
pubblicata dalle varie major) sembra davvero poter offrire molto, e in diverse
direzioni, mettendomi/ci davanti a vere perle o a libri comunque molto
interessanti e meritevoli.
In quest´ultima categoria inserirei questo Alla ricerca di M dell´israeliano
naturalizzato austriaco Doron Rabinovici. È un romanzo particolarmente denso e volutamente
caotico, dove l´inganno e lo scambio di persona giocano un ruolo preponderante.
La M del titolo si riferisce al fantomatico Mullemann, personaggio che
attraversa la storia accusandosi di qualsiasi crimine possibile. Attorno a lui
e alla sua non ben definita identità ruotano agenti dei servizi segreti
israeliani, altri personaggi che sono riusciti ad attraversare la guerra mondiale,
l´Olocausto e il dopo guerra senza “mai farsi male”, e ancora sopravvissuti ai
campi di concentramento, ragazzini alla ricerca della propria identità ebraica e un´altra torma di caratteri inquieti e come perduti nel flusso della
Storia e delle storie.
Se si parla di un personaggio che si autoaccusa,
che vuole quasi attirare su di sé le colpe del mondo, sono chiari alcuni temi
classici della letteratura ebraica: appunto il grande filo conduttore della
colpa, e poi la “cattiva coscienza” del sopravvissuto, quasi che scampare alla
soluzione finale fosse qualcosa di cui vergognarsi (come avrà fatto? Chi avrà
corrotto o fiancheggiato?), e poi pennellate efficaci sulla rimozione, sulla volontà
di normalizzazione che – suggerisce l´autore- in Austria ha prevalso finito il
conflitto: restaurare l´ordine delle cose, tacere le scomode terribili verità.
In tutto questo Rabinovici mette grande
passione ed espressività, guidato secondo me da almeno due dei tre massimi
Roth -in questo caso Philip e Joseph,
direi – rischia di spiegare troppo,
di gonfiare eccessivamente simbolismi, allegorie e metafore, ma ha il merito di
trovare una grande fluidità di scrittura, di dominare o fermare poco prima
della tracimazione la sua volontà di denuncia, invettiva o – come il
protagonista – autodenuncia, in altri termini l´apparato teorico/simbolico è presente,
costantemente (come in certe opere di P.Roth), a volte eccessivo, ma lo scrittore riesce a
mantenersi contemporaneamente narratore, a richiamare il lettore alla passione
della storia (s minuscola), più banalmente a fargli girare pagina e abbracciare
i personaggi.
“Sono stato io. Il colpevole sono io” – il mantra
del fantomatico M. fa da refrain di questa opera non perfetta ma molto intensa,
magmatica (per usare un aggettivo un
po´sfruttato) e che secondo me vale la pena di essere scoperta e letta da chi ama
queste ambientazioni e tematiche.
Commenti
Posta un commento