PROVIAMO A SPIEGARCI
Non so bene perché, ma volevo tornare a parlare di Sottomissione di Houellebecq. A lettura appena finita, avevo postato questa recensione che ha la caratteristica secondo me di sembrare troppo positiva per chi vede il francese come il proverbiale fumo negli occhi e troppo critica per i tanti fan dello scrittore (tra cui tecnicamente vorrei e potrei annoverarmi). Come se lo volessi snobbare e sminuire. Vedi il paragone con Topolino. Una mia ideuzza.
Diciamo che Houellebecq é (e resta) un grande scrittore satirico e un gran moralista, e il libro é pieno di idee, mini-saggi, invenzioni e frasi che la maggior parte degli scrittori si sognerebbero. La mia parziale delusione si riferisce soprattutto alla minor tenuta, minor compattezza rispetto ad altri libri dell´autore.
Houellebecq ha cercato di far stare insieme tre "fili" narrativi abbastanza distinti: come primo, la storia del suo solito personaggio nichilista, dove secondo me si vede già un po´di stanchezza davanti alle ennesime gesta erotiche, agli usuali delusione e disinteresse per tutto ciò che lo circonda. Riuscite invece, e molto fini, soprattutto le considerazioni su Huysmans.
Poi si entra nella politica, con la sezione - molto potente ma breve - in cui si descrive la fase prima delle elezioni, Parigi turbata dalla guerriglia, una Francia spettrale e quasi disabitata. il silenzio del governo e dei media, pagine che possono ricordare le immagini di un (azzeccato) film catastrofico e dove il romanzo fa secondo me una bella accelerata,facendomi sperare per il meglio (narrativamente).
La terza parte é quella dove si "compie" la distopia/profezia dello scrittore. Bella, molto astuta e inquietante, l´idea di immaginare una diffusione pervasiva ma morbida dell´islamismo, ma a me é sembrato che Houellebecq si sia troppo innamorato della propria invenzione e l´abbia portata avanti troppo meccanicamente e senza badare troppo all´equilibrio del libro, come uno chef che si innamori di un ingrediente e lo infili in tutti i piatti del menu senza rispettarne le caratteristiche.
C´é da dire che nella parte più saggistica di questa ultima sezione, avvicinandosi al finale, Houellebecq scrive pagine di grande lucidità analitica, piene di idee e di squarci filosofici, il problema - come avrebbe potuto dire il presidente Massimino - é l´amalgama, che secondo me manca, più che in altri libri del francese, dove le parti (in effetti l´andamento saggistico é tipico dell´autore) si incastravano meglio tra di loro.
Insomma, questo era un tentativo distopico in qualche modo necessario (perché fa riflettere, e lo fa bene) ma dovendo giudicarlo per quello che é - un romanzo - il giudizio non può essere a mio modo di vedere pienamente positivo.
Spero quindi di aver qui completato meglio le considerazioni iniziate con la recensione, e qui - credo - si chiude la mia relazione con Sottomissione.
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