LA VITA. E LA MACCHINA DA SCRIVERE.
Con Inganno non troviamo forse il miglior Philip Roth di sempre, ma un libro comunque godibile e finissimo come di consueto.
L´Inganno non è tanto quello dell´adulterio (tema tipico di Roth, comunque) quanto quello perpetrato ai danni (o al servizio) del lettore in questa storia di letteratura nella letteratura, di incroci tra finzione e realtà.
La tesi sottostante (fin troppo scoperta): lo scrittore è un ladro di storie e personaggi senza morale. Chi lo frequenta sa di poter essere manipolato, di poter diventare personaggio di una storia, suo malgrado, di poter essere svelato al mondo e a se stesso.
Eppure: anche questo Roth lievemente cerebrale trasmette il consueto amore per la vita, per le donne, per il sesso, la consueta verve ironica e combattiva sul tema dell´ebreo, e un´interessante divagazione sull´americano "prigioniero" di un´Inghilterra perbenista e ipocrita.
In ultima analisi: il Roth degli anni ´90, fotografato prima dell´esplosione di storie da Sabbath in poi, non così perfetto, ma da leggere, sottolineare e citare
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