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LIBRI E RECENSIONI. ANNIE ERNAUX, IL POSTO.

OGGETTIVITÁ COMMOVENTE

storia di un padre

Banale, banale sarebbe parlare di "Un piccolo grande libro". Non è mai questione di dimensioni.

È una grande impresa. Parlare del padre senza commozione, senza lirismo, affidandosi non al ricordo dei sentimenti, ma al sentimento dei ricordi, dei ricordi puri, oggettivi.

La Ernaux riconosce in premessa l´impossibilità di utilizzare il "romanzesco" per un´impresa del genere, e sceglie invece la strada del "Pedinamento" (un po´alla Modiano, se vogliamo, che è però più lirico, poetico), insomma inseguire la persona - il padre - attraverso i suoi comportamenti, il più possibile non filtrati dai sentimenti dell´autrice, la figlia.

Ne viene fuori un racconto paradossalmente commovente e a suo modo "epico", una epica della famiglia rurale alle prese con un riscatto sociale per certi versi impossibile; beninteso il dramma rimane fuori, ma resta forte in tutte le pagine questo imbarazzo della famiglia (padre, madre e figlia - la "Prima che ha studiato" per dirla con Guccini) per una loro condizione, quella di contadini e operai, da cui è impossibile (pare impossibile) riscattarsi completamente.

Il linguaggio, è la chiave (il padre sente di non esserne padrone, non sa ironizzare, usa espressioni gergali, si stupisce quando la figlia sfoggia il suo inglese perché non si capacita come si possa imparare una lingua straniera senza essere stati all'estero). Il linguaggio appunto che per il padre rimarrà sempre un simbolo della sua "esclusione" (leggasi, dalla vita e dal modo di essere borghesi) e che per la figlia scrittrice diventerà invece IL METODO per ricostruire minuziosamente la vicenda del padre, e proprio per mezzo del linguaggio, di farcelo vivere, di rendercelo amabile, simpatico, e con questo (forse) finalmente di riscattarlo. Consigliatissimo.

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