RACCONTO NON DI GIOVENTÚ
L´ennesimo museo; una mostra su Pompei. E poi passare dal teatro ad approvvigionarsi di programmi e volantini e annunci dei prossimi concerti. La sensazione di libertá era piú forte di mattina presto, si affievoliva attorno a mezzogiorno e fino allo scendere del buio – quelle ore pomeridiane piatte e pigre come certi paesaggi padani – per poi tornare prepotente attorno all´ora di cena: un invito, un´uscita oppure – se lo decideva lui – stare a casa e dar fondo a un ottimo vino rosso, leggendo e spiluccando programmi televisivi come sottofondo.
La donna
del momento si chiamava Clara; tecnicamente non avrebbe dovuto piacergli in
quanto aveva un piercing, ma con l´etá sottilizzava sempre meno. Lei sembrava
scontrosa ma gli aveva chiesto di andare via qualche giorno a Pasqua, la
affascinava la Provenza dell´interno. Da parte sua, avrebbe preferito scoprire
qualche lato dell´Italia che ancora non conosceva o fare qualcosa di
completamente diverso – non so l´Islanda, la Lettonia (ci sarebbe voluto un
visto?). Si era riservato di dare una risposta.
Fu invitato da Marco e Alessandra. Finse svogliatamente di
interessarsi ai bimbi. C´era un´etá magica in cui davvero li adorava, poi
arrivavano i 3 anni e diventavano selettivi e petulanti, un´imitazione degli
adulti con lo svantaggio di smozzicare frasi con troppa fatica.
Mentre
Alessandra si occupava della cucina, si bevvero un filo di whisky con ghiaccio
- Ce l´ho da due mesi e devo aspettare che sia ospite tu per aprirlo
- E´ buono
- Il punto é… secondo te sono troppo passivo?
- Secondo me fai bene quello che devi fare. I bimbi ti adorano…
- E´questo quello che si deve fare? Farsi adorare dai bimbi?
- Ce l´ho da due mesi e devo aspettare che sia ospite tu per aprirlo
- E´ buono
- Il punto é… secondo te sono troppo passivo?
- Secondo me fai bene quello che devi fare. I bimbi ti adorano…
- E´questo quello che si deve fare? Farsi adorare dai bimbi?
Rientró
Alessandra e andarono avanti a sorseggiare whisky, stavolta senza parlare.
Rassettandosi
la cravatta mentre si salutavano, davanti allo specchio, vide un distinto
signore, con abiti un po´fuori moda e discretamente stempiato. Per quanto
concerne gli abiti, facevano eccezione delle Adidas con strisce verdi
fluorescenti. La stempiatura l´avrebbe combattuta rasandosi a zero, l´indomani.
Era
comunque compiaciuto che lo avesse cercato Manuela. Si erano visti l´ultima
volta sette mesi prima, a Milano. Evidentemente le era rimasto impresso (aveva
iniziato a mandargli filmini e link su Facebook, poi qualche sms e ora questa
chiamata). Da cosa nasce cosa, ma non sapeva se aveva voglia di guidare fino a
Milano.
A casa si
concesse un altro whisky, senza offesa per Marco – ma stavolta lo aveva
allungato con poca acqua a temperatura ambiente come (pensava) si dovesse fare.
Lesse qualche pagina di un romanzo, un polpettone di quelli americani con
avvocati, carceri, elicotteri e una mora dagli occhi profondi e vogliosa di
riscatto sociale. Nabokov…Proust…avrebbe dovuto riprendere i suoi classici (“ho
letto Proust e Musil prima di compiere 30 anni…l´Ulisse me lo sono lasciato da
parte per avere qualcosa da fare quando saró in pensione…”).
Spense la
luce che era mezzanotte passata. La lucina blu del cellulare lampeggiava.
Messaggio di Clara che sollecitava una decisione su Pasqua. Ma lui ora non
aveva tempo di pensarci – doveva svegliarsi presto, la mattina dopo,
essere in ufficio alle otto per uscire alle diciassette e avere il tempo di
dedicarsi un po´ a se stesso. Coprí il cellulare con il libro in modo da
nascondere la lucina blu, allungó ´le gambe verso la parte sinistra del
letto, e non ebbe alcuna difficoltá a
prendere sonno.
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