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SPORTELLO EMERGENTI. FABIO PASQUALE - IL LAVORO DELLA POLVERE

FILE UNDER: L´IDENTITÀ AI TEMPI DI FACEBOOK

 

AUTORE:

FABIO PASQUALE

 

TITOLO:

IL LAVORO DELLA POLVERE

 

CASA EDITRICE:

ZONAcontemporanea

 

LINK PER APPROFONDIRE (MICASOTUTTOIO):

IL LAVORO DELLA POLVERE


Riprendo con vera gioia questa "rubrica" - e a parte (per non rubare spazio al libro) vi dirò qualche retroscena.
E´il secondo lavoro dell´editrice Zona (qui declinata come Zonacontemporanea) che recensisco, in ambedue i casi (l´altro era Vimini di Donato Cutolo) esperienza positiva.

Allora, questo racconto lungo (o medio) è o dovrebbe essere un noir. Come noir funziona pure benino, la trovata (non spoilero ma trovate dettagli in Rete, se volete) azzeccata seppur non originalissima, lo svolgimento competente e sostenuto da una lingua all´altezza; peraltro l´autore é furbo perché tramite un escamotage (il colpevole segue solo superficialmente tramite TV e giornali gli esiti dell´indagine) evita di approfondire e quindi dover giustificare determinati passaggi logici che rischiavano di essere un po´difficoltosi (lo so, sono un rompiscatole, ma vi consoli sapere che faccio così anche con Jo Nesbo).

Epperò: la trama gialla é quella che fa da pageturner, ma credo che la qualità di questo racconto sia proprio ciò che ho cercato di riassumere nel "file under" a inizio recensione.
C´è una doppia valenza: uno sguardo cinico, nichilista sulla vita urbana, sui riti e i costumi della metropoli (lo scooter come antidoto per il traffico, le mattinate livide sui bus, il proliferare di esercizi gestiti da stranieri) e poi una riflessione per nulla banale sull´identità, cosa siamo ai tempi di Facebook? Siamo ancora più esibiti, i nostri contorni precisati dall´esibizionismo di foto e status condivisi e (perdonate) cazzi nostri esposti al pubblico o proprio per questo siamo ancora più anonimi, manipolabili, interscambiabili? Qui sta secondo me il succo del discorso che lo scrittore - impacchettandolo nelle forme del noir - ha voluto portare avanti.

Come dicevo, e anche questa non è una banalità se applicata a un genere secondo me tignoso come il Noir, la lingua funziona, è secca, non originalissima (ma nessuno lo pretende) e mi ha ricordato lo sguardo cinico/ironico e milanese di un Montanari o dell´ultimo Calligarich di Principessa.

Ecco, non so Fabio Pasquale cosa voglia fare ora, ma visto l´indubbio controllo della materia e la capacità di immergere la sua storia nella realtà più immediata, mi piacerebbe che si cimentasse con qualcosa di anche più lungo (ah, il mio amore per i mattoni) e complesso.

Comunque promosso a pieni voti, per quel che mi riguarda.

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