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LA VITA QUIETA


ALTRO RACCONTO DI GIOVENTÚ


Da Recensire il Mondo



In certi giorni il tempo sembra divertirsi a smentire il nostro umore, e a farci sentire in colpa di tutte le nostre incazzature, dell'odio cieco che nutriamo nei confronti del mondo, in certi giorni.

Così era quel lunedì, dentro di me ero nero, nero come la pece, come il fumo di un camino intasato, ma il sole faceva brillare tutto, anche le cose che non avrebbero dovuto brillare, e mi investiva tracimando dal parabrezza, e nuvole a grappoli punteggiavano un cielo di un azzurro letterario.

Riuscivo a vedere i monti, in lontananza.

"Lunedì è d'obbligo essere incazzati. Non importa quanto sia stata bella la domenica, e come si preannunci la settimana. Io m'incazzo lo stesso."


Accanto a me Edoardo caricava un vecchio frigo sul Fiorino, lamentandosi, come faceva sempre, e cercando la mia approvazione.

"Tu sei troppo ottimista, ad esempio. Quel tuo sorrisino. Tutta la tua voglia di parlare. Vedrai che ti passerà, col tempo. Sei entrato nella vita, ragazzo, vita vera e non penso che ti piacerà, alla lunga."


Ero entrato nella vita vera? C'era da discutere.

Avevo un lavoro. Percepivo uno stipendio. Contribuivo a quella che sarebbe stata la mia pensione.

Ma non mi sarei sentito di giurare che quella fosse vita vera.

Pensavo a mio fratello, ad esempio, un veterinario di un certo successo, al suo studio, alle sue vacanze esclusive, alla sua bellissima fidanzata, e allora mi convincevo che Vita Vera avesse a che fare con la qualità delle cose, e non con il semplice fatto di lavorare, di fare quello che la maggior parte della gente, scalpitando e sbuffando, fa comunque.

A chi mi guardava dall'esterno sembravo contento, certo, perchè sorridere mi costava meno di rimanere incupito a ragionare sul modo in cui volevo che le cose cambiassero.

"Io penso che ti farai una famiglia, vero, troverai una ragazza, una brava ragazza. Ti farai una casa. Io mi sono fatto una casa, ci sono riuscito persino io. Ma non mi piace. Non sono contento. Ho bisogno di altro."

"Di cosa parli? Di successo? Di soldi?"

"Credi che i soldi mi manchino? Ce li ho i soldi. Vivo da solo, e risparmio la maggior parte del mio stipendio, tutti i mesi. Sto parlando di fuggire."

"E fuggire dove?"

"Non lo so. Non so neppure cosa vuol dire, fuggire. E' una cazzata, la cazzata che tutti dicono sempre, solo che per me è vero. Io mi ci struggo a pensarci."

Fuggire. Da quelle quattro strade in mezzo alla campagna, quei paesaggi tranquilli che ci avevano contagiato con il semplice fatto di rimanere lì, immobili, giorno dopo giorno.

Il lago e i castelli, e le cave dove pescare. E le riserve di caccia.

Edoardo conosceva la situazione.

Altre volte lo avevo sentito dire, soprattutto di sera, quando il vino colorava  vivacemente i suoi pensieri, gli riempiva le vene di euforia, che da quel posto non avrebbe mai voluto spostarsi, che lì aveva tutto, le cose, i luoghi e le persone che aveva deciso di avere.

Erano le mattine, allora, e i pomeriggi, a sconvolgerci, con la loro richiesta di attività, i saluti rapidi agli amici, e l'afa nel nostro Fiorino, e il traffico nei nostri paesi, di gente e di automobili.

"Io penso che si possa fuggire - gli avevo detto - ma ci vuole un grande coraggio. Sì, anche questa è la cazzata che dicono tutti. Ma prova un po', adesso, ad accelerare, e imbocca l'autostrada, e magari prima fermiamoci a ritirare tutto quello che abbiamo in banca. Prova solo a pensarci."

Vidi la strada scorrere più velocemente sotto le nostre ruote, e il Fiorino sussultare, e il vento entrare con più foga dai finestrini aperti. Edoardo sorrideva, per prendermi in giro, o forse per prendere in giro se stesso.

"Non lo faremo. Lo sai che non succederà niente.", guidava e mi parlava.

"Certo che non succederà niente, Edoardo. Non succede mai niente."

Ma non spostava il piede dall'acceleratore.


Fugire su un vecchio Fiorino. Romantico. Un vecchio Fiorino che va, con due uomini sopra, lanciato controvento, verso strade randagie, e poi noi, in un posto straniero, con una nuova identità, finalmente liberi.

Liberi? Ma lo vidi sterzare con forza in una stradina sterrata che mi sembrava di conoscere, e sentivo i sassi rimbalzare, scagliati lontano dalle ruote.

Ed eccoci lì, ce ne stavamo lì con due birre ghiacciate in mano, e il Fiorino fermo a due passi da noi, e il vecchio frigo ci aspettava, e noi per qualche minuto ci godemmo il sole e quei posti conosciuti e fu abbastanza, per il momento, come libertà.

Perché tanto non succede mai niente, tranne due uomini, due lavoratori, con una birra ghiacciata in mano, nel mezzo di una campagna conosciuta.

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